Il testo della Legge:
“Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti anni.
La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.”
Descrizione del reato:
L’art. 600 del codice penale è in un rapporto di continuità normativa con l’art. 1 della legge n. 228 dell’11 agosto 2003 che ratificava la Convenzione di Ginevra del 1926 sull’abolizione della schiavitù.
La riduzione in schiavitù consiste nel trattare una persone uti dominus ovvero esercitando su di essa un potere simile a quello che esercita il proprietario su di una cosa.
È sufficiente una sola situazione di fatto (il patimento di sofferenze da parte dell’individuo schiavizzato) per la configurazione del reato non essendo riscontrabile oggi, nella nostra società, anche una situazione di diritto che giustifichi una simile soggezione.
Chi commette il reato:
Il reato viene commesso da chi, a qualsiasi titolo e per qualsiasi motivo, riduce in condizioni di sofferenza psico-fisica un individuo sfruttandolo per finalità economiche. È altresì necessario che questa situazione di soggezione sia stata imposta sfruttando le condizioni sia fisiche e mentali che quelle economiche, sociali e culturali della vittima.