Il reato di abusivo esercizio della professione è previsto dall’art. 348 del Codice Penale, il quale punisce “chiunque eserciti una professione per l’esercizio della quale è prevista l’ammissione ed iscrizione a speciali albi o elenchi, senza esserne stato abilitato a norma di legge”.
Abusivo esercizio della professione di odontoiatra
Le varie ipotesi.
Commette dunque tale reato:
1) chi esercita la professione senza essere stato abilitato;
2) chi è in possesso di abilitazione, ma non è iscritto all’Albo;
3) chi, seppur iscritto all’Albo, sia stato sospeso o radiato dallo stesso;
4) chi è laureato e/o abilitato in altro Paese, ma il titolo non sia stato riconosciuto dallo Stato italiano;
5) chi, regolarmente abilitato all’esercizio di una determinata professione, agevoli l’esercizio abusivo da parte di qualcun altro (c.d. prestanomismo).
Casistica.
Si sente spesso parlare di “falsi avvocati”, “falsi dentisti” e così via, per fare rifermento a soggetti che esercitano abusivamente una professione, spesso senza aver neppure completato gli studi, altre volte senza avere conseguito l’abilitazione necessaria (che in alcune professioni si ottiene con il superamento di un esame di stato, non essendo sufficiente il titolo di laurea), addirittura in molti casi falsificando titoli e abilitazioni e, spesso, senza destare alcun sospetto nei pazienti o clienti che, ignari, si rivolgono a questi soggetti per delle prestazioni.
Nel caso degli avvocati sono state talvolta perpetrate vere e proprie truffe, con pagamento di parcelle per un’attività mai svolta e cause mai iscritte a ruolo.
Nel caso dell’attività medica la situazione può essere ancora più allarmante poiché il bene in gioco è la salute del paziente.
La professione odontoiatrica.
L’odontoiatra è quel professionista che si occupa della prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie del cavo orale, quindi dei denti, della bocca, delle ossa mascellari e delle mucose.
Ad oggi, si diventa odontoiatra conseguendo il titolo di dottore in odontoiatria e protesi dentaria ed iscrivendosi all’apposito albo dopo il superamento di un esame di stato.
Ma non è sempre stato così.
Evoluzione normativa della legislazione in materia di odontoiatria.
Il corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria è stato istituito con il decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 1980, n.315, successivamente attuato con la legge 24 luglio 1985, n.409.
Con questa legge l’Italia, uniformandosi alle direttive CEE (78/686/CEE e 78/687/CEE), ha altresì previsto l’istituzione di un apposito albo professionale presso ogni Ordine dei medici chirurghi ed ha distinto la professione di odontoiatra da quella di medico chirurgo, al fine di favorire la libera circolazione di servizi da parte dei dentisti cittadini di stati membri dell’Unione europea.
In via transitoria, le stessa direttiva 686, aveva riconosciuto per l’Italia, ai fini dell’esercizio dell’attività di odontoiatra, il titolo di medico chirurgo rilasciato a professionisti che avevano iniziato la loro formazione universitaria anteriormente al 28 gennaio 1980, poi esteso al 1985 dalla legge 471/88.
Questa Legge veniva però censurata dalla Corte di Giustizia Eu, e per tale motivo si sono aperte delle trattative con l’Italia, le quali hanno portato all’introduzione di una prova attitudinale a cui subordinare l’esercizio della professione.
Alla luce di questo complesso quadro normativo, in sintesi, possono legittimamente esercitare la professione di odontoiatra:
1) i laureati in odontoiatria e protesi dentaria;
2) i medici chirurghi immatricolati al relativo corso di laurea prima del 28 gennaio 1980, iscrivendosi all’albo degli odontoiatri;
3) i medici chirurghi immatricolati al relativo corso di laurea negli anni accademici dal 1980-81 al 1984-85 che hanno superato le prove attitudinali per l’iscrizione all’Albo degli odontoiatri;
4) i medici chirurghi specialisti in campo odontoiatrico immatricolati negli anni accademici dal 1980-81 al 1984-85, iscritti all’albo degli odontoiatri.
Quando si configura il reato previsto dall’art. 348 c.p. ?
Come vediamo, l’evoluzione normativa in materia di professione odontoiatrica è molto complessa, e sono frequenti i casi di esercizio abusivo, che non necessariamente dunque consistono nell’essere totalmente sprovvisti di titoli e/o abilitazioni, ma si verificano anche allorquando vi siano “irregolarità” nell’iscrizione all’albo.
La Cassazione ha chiarito che la laurea in medicina non consente l’automatico esercizio della professione di odontoiatra.
Con la sentenza n. 2691/2018 della sesta sezione penale, la Suprema Corte ha affrontato il caso di un medico chirurgo che aveva esercitato la professione di odontoiatra nel periodo in cui tale attività era già riservata unicamente a coloro che avessero conseguito la laurea in odontoiatria e protesi dentale, ottenendo inoltre la relativa abilitazione all’esame di stato con la successiva iscrizione all’albo professionale; il professionista dunque, non rientrava nella disciplina transitoria che permetteva ai laureati in medicina e chirurgia di esercitare la professione di odontoiatra, né era iscritto all’apposito albo.
La Corte ha parlato dell’importanza dell’obbligatoria iscrizione ad appositi albi e l’appartenenza necessaria ad ordini professionali in tutte quelle professioni in cui vi sia un interesse pubblico da tutelare.
Inoltre è stato sottolineato che non può ritenersi sufficiente l’aver sostenuto degli esami rientranti nella materia odontoiatrica durante il percorso di laurea in medicina e chirurgia, restando comunque distinte le due figure mediche, data la particolarità della professione odontoiatrica.
In altre pronunce la Cassazione ha chiarito i confini del reato di abusivo esercizio della professione,
precisando che: “concreta esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell’art. 348 c.p., non solo il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, ma anche il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e (almeno minimale) organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato”.
E ancora: “compie abusivo esercizio di una professione medica non solo il soggetto che non sia fornito del titolo richiesto, ma anche il soggetto che non abbia adempiuto alle formalità prescritte come, ad esempio l’iscrizione all’Albo”; “l’abusivismo sussiste, inoltre, nei casi in cui l’esercizio sia permanentemente o temporaneamente interdetto al professionista a seguito di condanna o di provvedimenti disciplinari”.
Da questa disamina emerge senz’altro che nella pratica odontoiatrica, l’abusivo esercizio della professione risulta particolarmente diffuso e difficilmente stimabile o quantificabile.
Le sanzioni.
La recente Riforma Lorenzin (legge 3/2018) ha aumentato notevolmente le pene per il reato previsto dall’art. 348 c.p.; se ante riforma, infatti, era prevista la reclusione fino a sei mesi e la multa sino a 516 €, post riforma le pene comminate agli “abusivi” sono la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 10mila a 50mila euro.
Oltre alla condanna, pene accessorie sono la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato.