In tema di divorzio, la disciplina legislativa è stata radicalmente mutata l’anno scorso, con l’intervento della legge numero 55 del 6 maggio 2015, poi pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’11 maggio stesso.
Divorzio breve: come funziona?
La nuova legge sul divorzio, detta anche “legge sul divorzio breve”, ha introdotto una serie di interessanti novità che andremo a sviscerare nei punti principali, per risolvere le più importanti domande che riguardano questo tema così importante e spinoso.
La nuova legge sul divorzio breve ha riformato la vecchia disciplina del 1970, rimasta inalterata per oltre quarant’anni, ed ha introdotto novità in tema di separazione consensuale, di scioglimento della comunione e di separazione giudiziaria. Non solo, ha anche abbattuto i costi che bisogna affrontare per la separazione, risultando quindi più vantaggiosa economicamente.
Vediamo passo per passo le principali novità che questa legge ha portato con sé.
Le novità per la separazione giudiziale
Si parla di separazione giudiziale in relazione alla separazione causata da circostanze oggettive, ed imprevedibili, che hanno turbato l’armonia della coppia e che rendono non più possibile la prosecuzione della convivenza, ovvero che recano pregiudizio “grave” all’educazione dei figli. La causa di separazione giudiziale può essere introdotta anche da uno solo dei coniugi; la competenza è del Tribunale del luogo di ultima residenza dei coniugi, ovvero in mancanza del luogo dove il convenuto abbia residenza o domicilio. La principale novità introdotta dalla legge del 2015 per il divorzio è la possibilità di accelerare in maniera considerevole i tempi per la separazione. Infatti in caso di separazione giudiziale, sarà sufficiente un anno per terminare il legale matrimoniale. Come da prima della modifica, ai sensi dell’articolo 3 della legge del 1970 tale termine decorre dalla comparsa dei coniugi (che devono comparire “personalmente) nel tribunale competente, di fronte ai giudici. E’ rimasto inalterato dalla legge del 2015 il requisito richiesto della non interruzione della separazione, che deve protrarsi ininterrottamente. La parte convenuta avrà diritto di eccepire che non è stata rispettata l’interruzione.
La separazione consensuale: novità
Il nome “legge sul divorzio breve” ha fatto riferimento soprattutto alla grande novità prevista dalla legge del 2015 in relazione alla separazione consensuale. Infatti il termine per la separazione consensuale dei coniugi si riduce da un anno a sei mesi, modificando così l’articolo 3 lettera b) della legge del 1970.
Indipendentemente dalla presenza o dall’assenza di figli, quindi, la coppia che sia concorde nel separarsi potrà farlo nel termine breve di sei mesi. Tale disposizione vale anche nel caso in cui la separazione sia sorta come non consensuale, ma i coniugi abbiano di conseguenza concluso un accordo.
Scioglimento anticipato della comunione
La legge 2015 ha introdotto un comma all’articolo 191 del Codice Civile, permettendo così ai inciuci di anticipare il momento dello scioglimento della comunione. Si tratta di una disposizione estremamente importante, soprattutto se confrontiamo la nuova disciplina con quella precedente. Prima dell’intervento della legge del 2015, infatti, lo scioglimento della comunione dei beni dei coniugi poteva avvenire solamente laddove la sentenza di separazione fosse passata in giudicato. Invece per effetto delle nuove disposizioni di legge, il momento dello scioglimento della comunione avviene laddove il presidente del tribunale, durante l’udienza di comparizione, autorizzi la coppia a vivere separata (se stiamo parlando di separazioni giudiziali) ovvero dalla data in cui vi è stata la sottoscrizione del verbale di separazione omologato (se si tratta di separazioni consensuali). Se i due coniugi siano in stato di comunione di beni, l’ordinanza del Tribunale che autorizza i coniugi a vivere separati viene inviata all’Ufficiale di Stato Civile, il quale è chiamato ad annotare sull’atto di matrimonio il mutamento delle condizioni, ovvero lo scioglimento della comunione.
Il “divorzio senza avvocato”
Una delle pratiche più sui generis introdotte da una legge del 2014 è quella del divorzio senza avvocato. Vediamo un po’ come funziona, e soprattutto quando si può fare e se è davvero così conveniente ricorrervi.
Nella maggior parte dei casi, per poter divorziare è necessario ricorrere ad un avvocato, ma sempre più persone ne farebbero volentieri a meno, se non altro per i costi. La legge 123 del 2014 permette di divorziare di fronte al sindaco (precisamente quello del comune di residenza di uno dei coniugi), senza essere assistiti da un avvocato. Sono necessarie però due condizioni: in primis la coppia non deve avere figli minori, né figli portatori di handicap grave, né figli economicamente non autosufficienti; in secondo luogo l’accordo di divorzio non deve includere atti che trasferiscano diritti patrimoniali (ma è possibile sancire la consegna di un assegno periodico).
In caso di divorzio senza avvocato, gli atti conclusi al Sindaco hanno gli stessi valori di quelli dell’autorità giudiziaria.
Sottoscritto l’accordo di divorzio di fronte al sindaco, è necessario attendere trenta giorni di tempo trascorsi i quali il sindaco invita i coniugi a comparire di fronte a lui per confermare definitivamente la loro volontà.
Divorziare senza un avvocato non è sempre semplice come dirlo. Spesso nelle coppie una delle parti è piuttosto debole rispetto all’altra dal punto di vista contrattuale, e quindi per tutelare al meglio gli (aspiranti ex) coniugi è bene fare riferimento ad un avvocato.
La negoziazione assistita con l’avvocato
In caso di divorzio breve, è altresì possibile effettuare la negoziazione assistita, che è possibile usufruire anche laddove si abbiano figli anche minori, portatori di handicap, o non autosufficienti. La negoziazione assistita prevista dalla nuova legge sul divorzio breve prevede la possibilità per i due coniugi di stipulare un accordo, con l’assistenza dei loro avvocati, che deve essere trasmesso entro dieci giorni dalla ratifica al Pubblico Ministero del Tribunale competente. Il Pubblico Ministero autorizza il divorzio solo laddove, compiute le necessarie indagini, creda che esso è necessario all’interesse dei figli.
Il Pubblico Ministero, se ritiene tale interesse sussistente, rilascia un nulla osta all’accordo, cioè il via libera per procedere al divorzio.
Se vi sono figli minori nati nel matrimonio, come sempre spetta al giudice decidere per l’affidamento dei figli ed il loro mantenimento. La presenza di figli minori, in ogni caso, non modifica la durata del periodo di separazione nel divorzio breve.