Ai sensi dell’art. 1 del c.p. “nessuno può essere punito per un fatto che non sia previsto dalla legge come reato”. Affinchè un reato possa essere punito è necessario che esso sia tipico, antigiuridico e colpevole.
Se la tipicità e l’antigiuridicità afferiscono alla sfera oggettiva del fatto di reato, facendo rispettivamente riferimento alla corrispondenza tra condotta realizzata dall’autore del reato e quella prevista dal legislatore ed alla contrarietà della stessa all’ordinamento giuridico, la colpevolezza sposta la sua attenzione sul soggetto e sulla sua relazione con il fatto posto in essere.
IMPUTABILITA’ E ASSUNZIONE DI SOSTANZE ALCOLICHE
Il concetto di colpevolezza presuppone la possibilità di muovere un rimprovero del fatto al suo autore: il soggetto ha voluto qualcosa che non doveva volere o ha causato qualcosa che doveva evitare.
Una volta accertata la rimproverabilità del fatto, bisognerà valutare la sussistenza del dolo o della colpa, quali criteri di imputazione del fatto.
La colpevolezza presuppone però che il soggetto, al momento della commissione dell’illecito, sia munito congiuntamente della capacità di intendere e di volere e, laddove ne sia privo, non potrà essere considerato imputabile e quindi punibile (non gli si potrà addebitare la sanzione penale) anche se il suo comportamento integri una fattispecie di reato.
Ciò che il legislatore richiede è dunque la presenza del requisito dell’imputabilità, che si pone quale presupposto della colpevolezza: non si può muovere un rimprovero nei confronti di quella persona che nel momento in cui ha agito non era in grado di intendere o volere.
Con capacità di intendere si richiede la capacità del soggetto di capire il significato delle proprie azioni e delle conseguenze che da queste possono derivare.
E’ necessaria l’attitudine di ogni persona a cogliere il valore del suo comportamento. Con capacità di volere si richiede la volontà di perseguire lo scopo che l’agente di era prefissato.
Elemento volitivo come capacità di autodeterminarsi e volere ciò che ci si è rappresentati. Qualora quei due requisiti vengano meno nel momento della condotta, determinando la totale inconsapevolezza delle proprie azioni, od omissioni, il soggetto sarà considerato non imputabile e dunque non passabile di una sanzione penale.
Le cause possono a seconda dei casi escludere totalmente o parzialmente l’imputabilità sono: l’età del soggetto, il sordomutismo, vizi parziali o totali di mente e l’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti.
In merito alla possibile esclusione della capacità di intendere e di volere determinata dall’assunzione di sostanze alcoliche, il legislatore individua diverse ipotesi.
Per quanto concerne l’ubriachezza determinata da caso fortuito o forza maggiore ( art. 91 c.p. ), viene esclusa l’imputabilità quando a causa di una situazione imprevedibile e inevitabile il soggetto sia privo, in maniera totale, della capacità di intendere e volere.
Qualora questa sia invece, grandemente scemata ma non totalmente esclusa, l’agente sarà imputabile ma l’eventuale pena sarà diminuita.
L’art. 92 c.p. sancisce che l’ubriachezza non derivata da caso fortuito o forza maggiore non esclude né diminuisce l’ imputabilità. Se l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa la pena è aumentata.
Quelli individuati dal legislatore sono i casi di ubriachezza volontaria e ubriachezza preordinata. La norma include due ipotesi di ubriachezza, le quali rispondono a due diverse ratio.
Per quanto attiene all’ubriachezza volontaria o colposa, di cui al primo comma, il legislatore ha optato per una finzione giuridica di imputabilità, onde evitare che possa andare esente da pena il soggetto che si trova in uno stato di incapacità d’intendere o di volere per fatto a lui imputabile.
Questo comporta che il soggetto risponderà del fatto come se fosse pienamente capace di intendere e di volere per il fatto di essersi volontariamente o in maniera colposa, posto in una situazione da lui non più controllabile.
Mentre l’ubriachezza preordinata, di cui al comma secondo, è espressione del principio dell’ actio libera in causa di cui all’art. 87 del c.p. Le actiones liberae in causa, si definiscono tali in quanto l’agente si pone volontariamente in una situazione di non imputabilità al fine specifico di commettere un delitto o di precostituirsi una scusa.
L’elemento psicologico del reato andrà verificato con riferimento al momento in cui il soggetto si è posto nella condizione predetta. Il legislatore ha previsto un aumento di pena per l’ipotesi in questione.
Ultima ipotesi in relazione all’assunzione di sostanze alcoliche, è quella dell’ ”intossicazione cronica”. L’art. 95 del c.p. Afferma che per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione rodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89.
La norma in esame richiama le disposizioni relative al vizio totale o parziale di mente, caratterizzate dalla non punibilità o punibilità con pena ridotta, relativamente al soggetto che versi in uno stato cronico di intossicazione.
Questo infatti incide stabilmente sulle capacità dell’agente, di qui il venir meno dell’imputabilità.
L’intossicazione cronica può infatti determinare i medesimi effetti del vizio di mente.
La stessa giurisprudenza si espressa in tal senso come indicato ad esempio nella pronuncia che qui si riporta: “Per escludere (o diminuire) l’imputabilità, l’intossicazione da sostanze stupefacenti non solo deve essere cronica (cioè stabile), ma deve produrre un’alterazione psichica permanente, cioè una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un’azione strettamente collegata all’assunzione di sostanze stupefacenti; lo stato di tossicodipendenza non costituisce, pertanto, di per sè, indizio di malattia mentale o di alterazione psichica. ( Cass. n. 7885/1999 ).