Legittima Difesa
L’art. 52 del Codice Penale disciplina la legittima difesa, cioè la circostanza in cui un soggetto commette un fatto costretto dalla necessità di difendersi, e pertanto non è punibile.
Si tratta di una sorta di “autotutela”, cioè il cittadino ha il diritto di difendersi quando lo Stato non può farlo tempestivamente.
Quando siamo in presenza di legittima difesa?
Affinché si possa parlare di legittima difesa occorre essere in presenza di vari elementi.
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– AGGRESSIONE.
Innanzitutto, dobbiamo trovarci in presenza di un’aggressione ad un diritto proprio o altrui.
A tal proposito, si discute se rientrino nell’ambito di applicazione della norma solo i diritti personali (vita, onore, incolumità) o anche quelli patrimoniali.
La norma parla genericamente di diritti, per cui è probabile che si riferisca a tutti i diritti indistintamente.
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PERICOLO ATTUALE.
L’aggressione deve provocare un pericolo attuale ed incombente; se il pericolo è passato o futuro non si può invocare la legittima difesa. Tipico è l’esempio del ladro che fugge e abbandona la refurtiva: in questo caso l’offesa è cessata facendo venire meno l’attualità del pericolo.
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OFFESA INGIUSTA.
L’offesa deve essere ingiusta, cioè bisogna trovarsi di fronte ad un comportamento offensivo, anche omissivo, che sia contrario alle norme giuridiche.
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DIFESA NECESSARIA.
La difesa deve essere necessaria per la salvaguardia del diritto, cioè l’aggredito non deve avere altro modo di evitare il pericolo se non reagendo contro l’aggressore; bisogna che quella reazione sia inevitabile e non sostituibile con un’altra; questa valutazione deve essere effettuata in concreto, tenendo conto di tutte le circostanze di tempo, di luogo, delle modalità dell’aggressione, della forza fisica dei soggetti coinvolti e così via.
Siamo in presenza di una difesa necessaria se l’aggredito può salvarsi con la fuga?
Anche in questo caso occorre fare riferimento al caso concreto: se l’aggredito, fuggendo, esporrebbe a rischio i suoi beni (ad esempio rischiando un infarto) allora non è tenuto alla fuga; nel caso contrario si ritiene che non sia giustificata la reazione di chi, potendo fuggire, uccida l’aggressore.
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PROPORZIONE TRA DIFESA E OFFESA.
Il requisito fondamentale per la legittimità della difesa è la proporzione tra difesa e offesa.
Per comprendere questo importante criterio occorre fare un “bilanciamento” tra il bene minacciato e il bene leso: non è lecito ledere la vita o l’incolumità fisica di una persona per salvare un interesse meramente patrimoniale.
Il bene vita è infatti sovraordinato rispetto al bene patrimonio, per cui non sarà considerata legittima difesa la condotta di chi spara ad un ladro, uccidendolo, per difendere il proprio patrimonio, senza che vi sia pericolo per la propria incolumità; diverso è il caso del ladro che, sorpreso in casa, estragga un’arma per sparare: in questo caso la reazione di sparare a propria volta rientra nella legittima difesa. Proporzione deve però esserci anche tra i mezzi offensivi e difensivi: il ladro disarmato potrà essere messo in fuga anche con un bastone, o sparando in aria; sarà legittima difesa sparare contro il ladro armato che ci punti una pistola; ma se il ladro è evidentemente disarmato, non ci sarà proporzione tra i mezzi sparandogli.
E’ evidente che si dovrà sempre analizzare caso per caso. La legittima difesa nel privato domicilio.
Veniamo ora ad esaminare con maggiore attenzione un caso che è spesso oggetto dell’attenzione e del dibattito dell’opinione pubblica: il proprietario sorprende un ladro in casa e spara uccidendolo. Si può invocare in questo caso la legittima difesa?
La L. 59/2006 ha introdotto due nuovi comma all’art. 52 c.p. regolando proprio questa ipotesi, e stabilendo che quando la difesa è diretta contro un intruso in un’abitazione, la proporzione tra difesa e offesa è presunta, pertanto il giudice non dovrà verificarla in concreto.
Non sono state poche le polemiche con riferimento a questa legge: da una parte il legislatore intendeva dare maggior tutela a situazioni, portate all’attenzione della cronaca, di rapine finite in tragedia; d’altra parte non è mancato chi temeva, giustamente, che il cittadino potesse sentirsi investito di una “licenza di uccidere” il ladro, introdottosi in casa o negli esercizi commerciali, e che ciò potesse addirittura incrementare l’aggressività del malvivente.
La norma specificamente ritiene che ci sia proporzione tra difesa e offesa nei casi di violazione di domicilio, allorquando il soggetto legittimamente presente sul luogo (abitazione o negozio), usi un’arma legalmente detenuta o altro mezzo per difendere l’incolumità propria o altrui o i beni, quando non c’è desistenza e c’è pericolo di aggressione.
Dunque il contesto per l’applicabilità della fattispecie è la violazione del privato domicilio, e la particolarità è che la proporzione tra difesa e offesa sia presunta ex lege.
E’ possibile invocare la legittima difesa da parte di chi spari ad un ladro per difendere l’incolumità propria o altrui; ed essendo la proporzione tra difesa e offesa presunta, il giudice non accerterà in concreto se i mezzi difensivi siano proporzionati a quelli offensivi.
Potrebbe accadere (come spesso accade) che il ladro venga ucciso quando poteva essere sufficiente metterlo in fuga con dei colpi sparati in aria a scopo di avvertimento, ma la presunzione di proporzione impedirà questo accertamento.
Quando non viene difesa l’incolumità, ma i beni, vengono in rilievo ulteriori requisiti: “…l’intruso non desiste e c’è pericolo di aggressione…”
Per desistenza si intende l’interruzione della condotta offensiva che fa venir meno l’attualità del pericolo.
Quanto al pericolo di aggressione, questo requisito va interpretato come pericolo per l’incolumità personale o la vita, e non per i beni patrimoniali; è questa l’interpretazione costituzionalmente conforme e che rispetta il criterio della proporzione tra il bene minacciato e il bene leso.
Anche in questo caso il pericolo di aggressione deve essere attuale?
Vista la genericità del dettato normativo, si discute se anche per la legittima difesa nel privato domicilio sia richiesto o meno il requisito dell’attualità del pericolo.
Da una parte si ritiene che la ratio dell’innovazione legislativa sia proprio consentire al cittadino di difendersi quando vi è un’aggressione attuale al patrimonio, che lasci presagire una futura aggressione alla persona.
D’altra parte non manca chi ritiene che l’interpretazione più conforme alla Costituzione sia quella di ritenere sempre e comunque necessaria l’attualità del pericolo.
Di fronte alla situazione concreta, non si può certo escludere che il malvivente sorpreso in casa a rubare reagisca con violenza aggredendo il proprietario; va anche riconosciuto che la vittima sarà probabilmente impaurita e con difficoltà farà un ragionamento lucido.
Al di là della situazione concreta, che di certo si rivelerà complessa, possiamo ritenere che il pericolo debba comunque essere incombente.
Eccesso colposo di legittima difesa.
Molto spesso i casi di cronaca portano all’attenzione casi di eccesso colposo di legittima difesa.
Questa situazione si verifica quando non c’è proporzione tra difesa e offesa.
Abbiamo visto infatti che la disciplina della legittima difesa vuole che tra il bene minacciato e il bene leso vi sia proporzione.
Immaginiamo una scala di valori: in cima è posto il bene vita, quindi l’integrità fisica, l’onore e così via; l’ultimo gradino è occupato dai beni patrimoniali.
L’ordinamento non consente di ledere il bene vita per tutelare il bene patrimoniale.
L’eccesso colposo si ha quando per colpa si eccedono i limiti stabiliti dalla legge; più semplicemente, ogniqualvolta siamo in presenza di tutti i requisiti previsti per la legittima difesa tranne la proporzione tra difesa e offesa.
Nell’accertamento si terrà conto delle condizioni fisiche dell’aggressore e dell’aggredito, dei mezzi a disposizione, del diritto minacciato e di tutte le circostanze concrete.