Pignoramento
cos’è e come evitarlo
La forma del pignoramento
In base a quanto previsto dall’art 492 c.p.c., il pignoramento consiste nell’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da ogni atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni ad esso assoggettati ed i frutti di essi.
Il pignoramento costituisce la fase iniziale dell’espropriazione forzata ed ha la funzione di individuare i beni del debitore da assoggettare all’esecuzione e di vincolarli alla soddisfazione del creditore.
Il pignoramento deve contenere l’invito rivolto al debitore ad effettuare, presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione.
Inoltre deve contenere l’avvertimento, per il debitore, della facoltà di chiedere la sostituzione dei beni pignorati con una somma di denaro pari all’importo dovuto ai creditori, comprensivo di interessi e spese.
Nel caso in cui il debitore opti per tale facoltà, è necessario che la richiesta sia accompagnata, quale garanzia di serietà, dal deposito in cancelleria di una somma non inferiore ad un quinto dell’importo del credito oggetto del pignoramento.
Gli effetti del pignoramento
Per garantire la funzione essenziale del pignoramento, consistente nel vincolare un determinato bene del debitore alla soddisfazione dei creditori, l’art 2913 c.c. prevede che non abbiano effetto, in pregiudizio del creditore pignorante, gli atti di alienazione.
Gli atti posti in essere dal soggetto esecutato non sono nulli bensì inefficaci.
Questa inefficacia non è assoluta ma si produce esclusivamente nei confronti del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione; sicché un eventuale atto di disposizione sarebbe valido e produttivo di effetti tra le parti ma inopponibile al creditore pignorante e agli altri creditori intervenuti, i quali potrebbero proseguire nell’esecuzione come se il bene appartenesse ancora al debitore.
Peraltro l’art 2913 c.c. deve essere letto insieme all’art 2914 c.c. che, disciplinando il conflitto fra creditore procedente ed acquirente del bene pignorato, richiama le regole di circolazione dei diversi tipi di bene.
L’art 2914 c.c. prevede che siano inefficaci nei confronti del creditore procedente:
a) Le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri la cui trascrizione sia successiva a quella del pignoramento (nel caso di beni mobili restano salvi gli effetti del possesso di buona fede anche per gli atti di alienazione successivi al pagamento);
b) Le alienazioni di beni mobili o di universalità di mobili che non abbiano data certa anteriore al pignoramento;
c) Le cessioni di credito notificate al debitore ceduto o da questi accettate in un momento successivo al pignoramento.
La custodia dei beni pignorati costituisce una garanzia preventiva contro gli atti di disposizione materiale.
Generalmente è il debitore stesso a ricoprire la funzione di custode dei beni pignorati.
Talvolta però, su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dal debitore stesso.
Il giudice provvede prontamente alla sostituzione del custode in caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti.
Oggetto del pignoramento
Secondo l’art 2740 c.c., la responsabilità patrimoniale del debitore comprende tutti i suoi beni presenti e futuri, seppur con alcune limitazioni previste dalla legge.
I beni oggetto di pignoramento possono essere mobili, immobili o crediti che il debitore vanta verso terzi.
Il pignoramento di beni mobili ha normalmente come oggetto cose mobili di proprietà del debitore.
In questo caso, la ricerca e l’individuazione dei beni utilmente pignorabili competono all’ufficiale giudiziario.
Costui, munito del titolo esecutivo, può effettuare la ricerca delle cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti, nonché sulla persona stessa del debitore.
L’individuazione delle cose da assoggettare ad espropriazione deve tener conto di determinate limitazioni, quali la salvaguardia della dignità e del decoro del debitore nonché la sopravvivenza del debitore stesso e del suo nucleo familiare.
Si parla di “impignorabilità assoluta” per indicare una serie di beni mobili sottratti all’espropriazione perché ritenuti indispensabili alle esigenze basilari del debitore.
Si ha “impignorabilità relativa”, invece, quando i beni possono essere pignorati solo in determinate circostanze.
L’art 555 c.p.c. individua la forma dell’atto di pignoramento di immobili, il quale si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto contenente l’esatta indicazione dell’immobile che si intende pignorare.
I beni immobili pignorabili non sono solo le case e gli edifici in genere.
Il creditore, infatti, può aggredire ogni genere di costruzione naturalmente incorporata al suolo di proprietà del debitore nonché alcuni diritti immobiliari, quali la nuda proprietà e l’usufrutto.
Il pignoramento presso terzi, infine, riguarda crediti che il debitore vanta verso terzi (esempio: lo stipendio) oppure cose del debitore che sono in possesso di terzi.
Come per i beni mobili, anche determinati crediti non possono essere sottoposti a pignoramento in considerazione della loro funzione di sostentamento.
Ne sono un esempio i crediti alimentari ed i crediti aventi come oggetto sussidi dovuti per maternità.
In che modo si può evitare il pignoramento?
Il debitore ha la possibilità di liberarsi dal pignoramento versando, nelle mani dell’ufficiale giudiziario, l’importo del credito e delle spese da destinare al creditore.
Anche dopo il pignoramento, il debitore ha comunque la possibilità di sottrarsi alla vendita corrispondendo una somma pari all’ammontare del credito e delle spese, somma che andrà a sostituirsi ai beni pignorati.
L’art 496 c.p.c., inoltre, permette al debitore di richiedere una riduzione del pignoramento nel caso in cui il valore dei beni pignorati sia superiore all’importo delle spese e dei crediti.
Affinché si possa disporre la riduzione, è necessario che i beni pignorati siano più di due oppure, nel caso di un solo bene, che esso sia divisibile.
Il debitore e gli altri soggetti direttamente coinvolti dal processo esecutivo hanno a propria disposizione rimedi per far valere l’illegittimità dell’esecuzione e per bloccarne eventualmente il corso.
Lo strumento di cui tali soggetti dispongono è l’opposizione.
Il codice ne prevede tre diverse tipologie:
a) L’opposizione all’esecuzione di cui all’art 615 è proponibile, senza specifiche limitazioni temporali, tanto prima dell’inizio dell’esecuzione quanto nel corso della stessa;
b) L’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art 617 è esperibile prima dell’inizio dell’esecuzione o a processo esecutivo già iniziato, ma deve essere proposta entro un termine perentorio breve;
c) L’espropriazione di cui all’art 619 presuppone che sia già stato eseguito il pignoramento.
Soltanto l’opposizione all’esecuzione, di cui al punto a), mira ad ottenere una pronuncia circa l’an (cioè il se) dell’esecuzione.
L’opposizione agli atti esecutivi e l’espropriazione di cui al punto c), invece, riguardano soltanto il modo in cui l’esecuzione si è svolta, senza una valutazione circa il fatto che l’esecuzione potesse essere promossa o meno.
L’opposizione all’esecuzione può fondarsi sulla mancanza delle condizioni e dei presupposti specifici dell’azione esecutiva oppure sull’inesistenza del diritto risultante dal titolo.
Si può avere opposizione, ad esempio, per far valere l’assoluto difetto di un titolo esecutivo.