Il fenomeno del gruppo di società era ignorato dal codice civile del 1942 ed ancora oggi in realtà manca una disciplina completa ed organica ad esso dedicata.
Cosa sono i Gruppi di Società e cosa c’è da sapere
Ciò però non sta a significare che il nostro ordinamento non consideri rilevante la presenza della fattispecie del gruppo societario nel nostro ordinamento.
Anzi, già il legislatore del 1942 era conscio del problema e il silenzio in merito da parte del codice civile va inteso come una consapevole opzione, in senso liberista, ovverosia come una precisa volontà di riservare la disciplina del fenomeno dei gruppi alle regole del diritto societario comune.
A partire dagli anni ’60, grazie alla politica di programmazione del CIPE, al fine di ottenere finanziamenti agevolati si è assistito a un enorme sviluppo dei raggruppamenti societari.
Sviluppo accentuatosi ancora di più negli anni ’70, a causa della politica tributaria favorevole alla creazione di persone interposte e alla conservazione di società anche con perdite di bilancio pur se strategicamente inutili.
Ciò non toglie però che ancor’oggi non esiste nel nostro ordinamento una unica nozione di gruppo societario, né un’unica nozione di controllo.
Si rileva piuttosto una tendenza del legislatore a definire, di volta in volta, in base al contesto specifico, una determinata nozione di gruppo, posta in relazione alle problematiche e ai fini da perseguire concretamente nelle singole discipline.
La legislazione perciò offrirà sporadici frammenti, se non meri “frantumi” di disciplina, senza essere ancora giunta ad una nozione generale di gruppo.
Nemmeno in dottrina esiste una nozione univoca di gruppo.
Se infatti molti fanno riferimento alle ipotesi sussumibili nel concetto di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c., non mancano opinioni volte ad estendere la rilevanza dei rapporti di interesse tra gli enti anche a fenomeni contingenti come quelli delle joint ventures o dei raggruppamenti temporanei di imprese.
Ciò vale sia nel caso in cui dipendano da legami giuridici che da legami più strettamente materiali (come ad esempio dipendenza da risorse o di organizzazione tra imprese).
Ovviamente più è ampia la nozione di gruppo considerata, maggiore sarà la possibilità di allargare la responsabilità a più soggetti a seguito di un unico evento criminoso.
Nonostante le varie opinioni discordanti sul tema, un sicuro aggancio normativo, per cominciare a delineare una definizione di gruppo, è sicuramente dato dall’art. 2359 c.c.
Tale norma definisce come controllata la società che si trova, direttamente o indirettamente, sotto l’influenza dominante di un’altra società (controllante).
Alla luce di quanto appena ora affermato, possiamo delineare tre tipologie di controllo societario.
Va innanzitutto reputata controllata la società di cui altra società possiede la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
E’ il cosiddetto controllo interno di diritto: è definito interno perchè si basa sulle partecipazioni azionarie; di diritto perchè è evidente la possibilità di esercitare influenza dominante in base alla legge, se si considera che la società controllante sarà in grado di nominare gli amministratori della società controllata.
Nella maggior parte dei casi il controllo di diritto è dato dal possedere la proprietà delle azioni, o dalla titolarità delle quote.
Tuttavia l’articolo fa riferimento al fatto di disporre dei voti, e quindi si avrà controllo di diritto anche quando sulle azioni o sulle quote si abbia un diritto che attribuisca il voto, come ad esempio nel caso dell’usufrutto e del pegno di azioni.
Non si computano però i voti che spettano per conto di terzi, come espressamente stabilito dal comma 2 dello stesso articolo, perciò non si considera il voto di chi partecipi all’assemblea in veste di rappresentante di un socio, a meno che, ovviamente, la procura di quest’ultimo non lo autorizzi ad esercitare il diritto di voto.
Non rientra invece in tale definizione il cosiddetto controllo congiunto, che si realizza nel caso in cui tra più soci nessuno di essi raggiunga da solo la maggioranza dei voti, pur tuttavia riuscendo a ottenerla congiuntamente, grazie ad accordi parasociali che regolano l’esercizio del loro diritto di voto.
Viene inoltre ritenuta società controllata la società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria.
È il cosiddetto controllo interno di fatto, cioè il controllo minoritario possibile grazie all’assenteismo degli azionisti. In questa situazione il socio di controllo non dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, nonostante ciò riesce comunque ad esercitare su di essa una influenza dominante.
Infatti, in base alla frazione di capitale presente in assemblea, si trova di fatto nella posizione di socio di maggioranza, e anche in tal caso tale vantaggio potrà risultare da un sindacato di voto fra più soci.
Infine si considerano controllate le società sottoposte all’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali.
Si tratta del cosiddetto controllo esterno, il controllo che subisce la società che, indipendentemente da qualsiasi controllo azionario, si trova sotto l’influenza di un’altra società a seguito di vincoli contrattuali.
Questi ultimi possono ricondursi a varie tipologie di contratti, quali i contratti di agenzia, di commissione, di concessione di vendita, e simili.
Non basta tuttavia la mera dipendenza economica, ma è necessario, affinchè sorga il controllo esterno, che i vincoli contrattuali producano effetti equivalenti al controllo interno.
Ciò avviene quando vi è l’approvazione, da parte della società dominante, degli atti fondamentali della controllata, primo tra tutti l’atto costitutivo, oppure se alla holding è riservato il potere di nominare gli amministratori della controllata o la maggioranza di questi ultimi.
Sarà ammissibile solo nei rari in cui è la normativa stessa a prevederlo espressamente.
Distinta è invece la figura della società collegata, cioè la società su cui un’altra società esercita un’influenza notevole, ma non dominante.
Tale influenza notevole si avrà quando, nell’assemblea ordinaria, può essere esercitato, direttamente o indirettamente, almeno un quinto dei voti, oppure un decimo se la società partecipata possiede azioni quotate in mercati regolamentati (art. 2359 co. 3 c.c.).
In ultima analisi, si deve brevemente accennare anche a una particolare conformazione del gruppo molto diffusa nella prassi: si tratta dei conglomerati, un particolare tipo di gruppo che riunisce imprese appartenenti ai tre principali comparti dell’intermediazione finanziaria (banche, imprese di investimento e compagnie di assicurazione) e che si diversificano concretamente in base alla loro funzione e collocazione geografica.
Anche in tali situazioni vi è unità d’impresa, come testimoniano i loro bilanci, in cui le attività finanziarie sono considerate unitariamente alle attività industriali.
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