Lo Statuto dei diritti del contribuente (detto anche statuto del contribuente) indica, nell’ordinamento giuridico italiano, una serie di disposizioni normative a tutela dei contribuenti nei confronti del fisco.
Tali disposizioni sono contenute nella legge 27 luglio 2000, n. 212 recante “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”.
La ratio sottesa allo Statuto del contribuente è fondamentalmente quella di rispondere al fatto che la legislazione tributaria è frammentata, scarsamente organica, instabile e complessa.
Falsitta ha definito questi aspetti come “ipertrofia” accompagnata dall’assenza di armonizzazione legislativa.
Il primo obiettivo dello Statuto era quello di introdurre una legislazione di principi armonizzata almeno per quanto riguarda il diritto tributario procedimentale.
Lo Statuto opera anche sul versante della produzione normativa, con la finalità di dettare al legislatore delle regole su come si deve legiferare in materia tributaria.
Le prime disposizioni dello Statuto, infatti, sono metanorme (norme sulla produzione giuridica).
Possiamo sintetizzare questi primi obiettivi nel tentativo di codificazione, seppur embrionale, del diritto tributario.
Il secondo obiettivo che lo Statuto si pone è quello di dettare una serie di garanzie minimali che debbono essere assicurate al contribuente in tutta la fase di attuazione del rapporto d’imposta.
L’art. 1 c. 1 dice che le disposizioni dello Statuto costituiscono attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 cost. e che costituiscono principi generali del diritto tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e non da leggi speciali: lo Statuto si autoqualifica come legge di attuazione costituzionale.
Il richiamo all’art. 97 è coerente con il fatto che questa legislazione mira a dettare un complesso di regole sul rapporto tributario, quindi anche sulla fase di controllo (imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa finanziaria).
Per quanto riguarda l’art. 3, si tratta di un principio generale di eguaglianza che si ricollega al principio di giustizia tributaria enunciato dall’art. 53.
All’art. 1 si trova la prima delle metanorme, rivolte al legislatore: dice infatti che per modificare le disposizioni dello Statuto occorre una legge che lo faccia espressamente, e mai una legge speciale.
Il problema è che questo principio è espresso da una norma ordinaria, pertanto il legislatore successivo potrebbe modificare lo Statuto con legge speciale; ciò non toglie che questo è un importante principio interpretativo.
Importante è anche l’art. 2 c. 1, che muove verso l’obiettivo di assicurare una formulazione chiara e comprensibile delle norme tributarie, per evitare i fenomeni di ipertrofia e complessità: leggi e atti aventi forza di legge contenenti disposizioni tributarie devono menzionare l’oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute.
Il c. 2 dice che le leggi e gli atti aventi forza di legge non aventi oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario.
Il c. 3 dice che i richiami ad altre disposizioni contenute nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio.
L’art. 3, sempre una metanorma, stabilisce il divieto di retroattività delle norme tributarie (salvo le norme di interpretazione autentica, in casi eccezionali).
L’art. 5, rubricato come “Informazione del contribuente”, si ricollega alle metanorme appena analizzate, e in particolare stabilisce che l’amministrazione finanziare deve assumere idonee iniziative volte a consentire la conoscenza in tempo reale della legislazione tributaria vigente.
Sostanzialmente, ci deve essere un luogo virtuale (il CeRDEF) in cui il contribuente è sicuro di trovare la legislazione vigente in un certo contesto e momento storico.
Queste dunque sono le disposizioni sulle norme, a partire dall’art. 6 troviamo la disciplina dei poteri dell’amministrazione finanziaria, cioè i limiti di quest’ultima e le garanzie che deve rispettare nei confronti dei contribuenti.
Il complesso di disposizioni dall’art. 6 al 12 costituiscono l’insieme dei principi di garanzia di cui il contribuenti può avvalersi nei confronti dell’azione amministrativa.
Un primo principio è espresso nella rubrica dell’art. 6: conoscenza degli atti e semplificazione.
In base a questo principio l’amministrazione deve agire assicurando il massimo grado di conoscenza effettiva dei propri atti da parte del contribuente (questo implica anche la comprensibilità degli atti).
Strettamente correlato a questo è il principio di cui all’art. 7, che garantisce la motivazione degli atti tributari.
Altro principio fondamentale che l’amministrazione deve garantire è quello della tutela dell’affidamento (art. 10), cioè di quegli stati soggettivi di fiducia che il contribuente ripone nell’autorità amministrativa.
Infine, fondamentale è anche il principio del contraddittorio, o di cooperazione (art. 12 c. 7), in forza del quale il contribuente deve essere posto in condizione di confrontarsi in modo utile e di essere ascoltato dall’amministrazione finanziaria, in tutte le fasi del rapporto tributario.
Il principio di proporzionalità si trova invece all’art. 12 c. 1, il quale dice che l’azione dell’amministrazione finanziaria deve rispettare il principio di contenutezza (il minimo mezzo).
Oltre questi principi, lo Statuto prevede anche istituti che garantiscono il rispetto di questi stessi principi: un esempio ne è l’art. 13, sul garante del contribuente.
Il suo scopo è garantire che nel rapporto d’imposta i principi sopraelencati siano concretamente rispettati nell’azione dell’amministrazione finanziaria.
Il garante opera in piena autonomia, pur essendo incardinato nell’amministrazione finanziaria (direzione regionale delle entrate).
È importante capire quali siano le funzioni del garante, regolate dall’art.13 cc. 8 e ss.: poteri di raccomandazione, di accesso agli uffici, di richiamo degli uffici al rispetto degli artt. 5-12.
Il garante comunque non ha poteri di sostituzione, si limita ad avere il potere di iniziativa dell’autotutela.
La funzione del garante dunque si basa più sull’autorevolezza dei suoi membri piuttosto che sull’effettività dei suoi poteri.
Occorre infine osservare che la legge 27 luglio 2000, n. 212 è una legge ordinaria che ha l’obiettivo di porsi come guida ai fini dell’interpretazione della normativa tributaria: eventuali deroghe o modifiche possono avvenire solo in maniera espressa – quindi non tacita – e tramite leggi aventi carattere generale e mai speciale, al fine di garantire l’omogeneità e la coerenza della normativa in essa disposta.
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