Furto – art. 624 codice penale
Dei delitti contro il patrimonio.
Dei delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone.
Il testo della legge:
Chi commette il reato:
- chi si impossessa della cosa altrui
- Chi sottrae la cosa a chi la detiene
- Chi dalla sottrazione riceve un profitto.
Descrizione del reato:
Il reato di furto introduce tutta una serie di complessi concetti giuridici che andremo a semplificare con esempi concreti.
Innanzitutto, l’art. 624 c.p. apre un nuovo titolo nel codice penale: quello dei delitti contro il patrimonio.
Il primo comma dell’articolo introduce il concetto di possesso, distinto da quello di proprietà, che consiste nella disponibilità fisica del bene ottenuta a qualsiasi titolo (la cd. Detenzione). Dunque, il reato di furto viene commesso ogniqualvolta viene sottratta una cosa mobile ad una persona che la detiene a qualsiasi titolo (perché è il proprietario del bene, perché è comodatario, affittuario, etc). Si configura il reato di furto anche qualora l’agente sottragga la cosa mobile a chi la detiene illecitamente (ad esempio quando si sottrae la cosa a chi a sua volta aveva commesso un furto).
Oggetto di furto può essere solo una cosa mobile. Rientra in questa definizione tutto ciò che può essere oggetto di appropriazione, sottrazione ed impossessamento.
Il reato di furto è a dolo specifico essendo parametro fondamentale, per la sua configurazione, lo scopo di profitto, intendendosi tale qualsiasi utilità che l’agente può trarre dallo spossessamento (anche utilità di natura non patrimoniale).
Il reato è da ritenersi consumato quando la cosa oggetto di sottrazione esce dalla sfera di vigilanza dell’offeso. Al contrario, si tratterebbe di un’ipotesi di tentato furto (ad esempio: nei furti in supermercati controllati con sistemi di video-sorveglianza, il reato si consuma nel momento in cui l’agente si allontana dal supermercato e quindi esce dal raggio delle telecamere).
Art. 624 bis c.p. – Furto in abitazione
Corte di Cassazione, Sezione V Penale, udienza 30/06/2015, sentenza n. 428, depositata
08/01/2016 (Presidente: Bruno – Relatore: Guardiano)
Massima
<< Integra il reato previsto dall'articolo 624 bis del codice penale la condotta del soggetto
che, per commettere un furto, si introduca all'interno di un edificio adibito ad attività
commerciale durante l'orario di chiusura, poiché il concetto di privata dimora è più ampio
di quello di abitazione, comprendendo tutti i luoghi non pubblici nei quali le persone si
trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata>>
Il caso
La Corte di Appello di Milano confermava la sentenza con cui il Tribunale di Sondrio
Morbegno aveva affermato la penale responsabilità di F.M. per il reato ad esso ascritto di
furto in abitazione e lo aveva conseguentemente condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la decisione della Corte territoriale ricorreva per Cassazione F.M., lamentandone la
violazione di legge poiché, trattandosi di tentativo di furto all’interno di un bar perpetrato in
orario notturno, ovvero allorquando l’esercizio commerciale era chiuso e non era presente
nessuno – né il titolare né i dipendenti – non era configurabile l’ipotesi aggravata di furto in
abitazione ex articolo 624 bis ma quella di furto semplice ex articolo 624 del codice penale.
Il reato di furto semplice e quello di furto in abitazione
L’articolo 624 del codice penale, rubricato “Furto”, sanziona con la reclusione da 6 mesi a 3
anni e con la multa da euro 154 ad euro 516, <<Chiunque s'impossessa della cosa mobile
altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri>>.
Il successivo articolo 624 bis, afferente, tra l’altro, il “Furto in abitazione”, sanziona invece
con la più severa pena della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da euro 309 ad euro 1.032
<<Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di
trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo
destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa>>.
Ora, già dalla lettura stessa di entrambe le disposizioni codicistiche è ictu oculi facilmente
evincibile come l’elemento differenziale tra le due fattispecie di reato – che ne determina
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poi il differente trattamento sanzionatorio – è rappresentato dalla introduzione in un edificio
o in altro luogo destinato a privata dimora.
In altri termini, sotto il profilo oggettivo, la condotta tipica è, quantomeno sotto un primo
aspetto, la medesima per entrambi i reati: il soggetto agente deve materialmente
impossessarsi di una cosa mobile appartenente ad altro soggetto attraverso la sottrazione ai
danni di quest’ultimo; fermo restando, inoltre, la necessaria presenza del fine-evento,
ovvero trarre dall’impossessamento mediante sottrazione un profitto per se stesso o per altro
soggetto – infatti quello de quo è inserito tra i reati contro il patrimonio (altrui).
Tuttavia, sotto altro aspetto, invece, le due norme incriminatrici si differenziano perché
quella di cui all’articolo 624 bis del codice penale prevede quel quid pluris oggettivo che la
distingue dal furto semplice, ovvero la condizione che la condotta tipica per come poc’anzi
descritta venga specificamente perpetrata, appunto, mediante introduzione in un edificio o
in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora, o anche nelle pertinenze di essa.
Anche sotto l’aspetto soggettivo le due fattispecie delittuose rappresentano delle similitudini
ma sono ugualmente contraddistinte da un ulteriore quid pluris caratterizzante la fattispecie
di cui all’art. 624 bis c.p. .
In effetti, per entrambe è richiesta la sussistenza del dolo specifico, rappresentato non solo
dalla volontà diretta ad impossessarsi, mediante la sottrazione, di una cosa mobile altrui ma,
altresì, dal fine specifico di procurare, per sé o per altri, un profitto ingiusto, il tutto nella
duplice consapevolezza sia che il bene mobile in questione appartenga ad altri, che della
esistenza del dissenso di costui alla sottrazione (ovvero inesistenza del consenso altrui allo
spossessamento).
Tuttavia, l’elemento psicologico del reato di furto in abitazione richiede, altresì, un ulteriore
elemento soggettivo, ovvero la coscienza e volontà di indebitamente introdursi in un luogo
di privata dimora al fine di ivi perpetrare la propria condotta furtiva.
La decisione della Corte di Cassazione
La Quinta Sezione Penale della Suprema Corte, nel rigettare il ricorso de quo, ha
preliminarmente precisato come il luogo di privata dimora cui il legislatore fa esplicito
riferimento nell’alveo della norma incriminatrice afferente in furto in abitazione va
interpretato nel senso di qualsiasi luogo nel quale le persone si trattengano per compiere,
anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata; donde, pacificamente,
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anche un esercizio commerciale aperto al pubblico deve essere considerato un luogo
destinato in tutto o in parte a privata dimora.
I Supremi Giudici hanno altresì chiarito come, secondo il maggioritario orientamento di
legittimità, il reato di cui all’articolo 624 bis del codice penale è integrato anche dalla
condotta del soggetto che, per commettere un furto, si introduca all'interno di un edificio
adibito ad attività commerciale durante l'orario di chiusura, e ciò in quanto il concetto di
privata dimora è sicuramente ed evidentemente più ampio di quello di abitazione,
comprendendo, per l’appunto, tutti i luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengano
per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata.
Invero, esiste anche un minoritario orientamento giurisprudenziale secondo cui non
commette il reato di furto in abitazione chi si introduce all'interno di un esercizio
commerciale in orario notturno, trattandosi di locale non adibito a privata dimora, stante il
mancato svolgimento di attività commerciali durante le ore di chiusura .
Tuttavia, affermano i Supremi Giudici, tale orientamento non risulta convincente, in quanto
se la ratio della previsione dell'articolo 624 bis comma 1 del codice penale è quella di
apprestare una maggiore tutela alla sfera privata dell'individuo in tutti i luoghi dove si
svolge la sua personalità – quindi anche in quelli, diversi dall'abitazione, purché destinati,
anche in modo transitorio e contingente, allo svolgimento di attività che attengono alla
libertà domestica – appare del tutto irragionevole far dipendere tale tutela da un fattore
meramente temporale, rappresentato dal momento in cui viene posta in essere l'attività
predatoria.