Cosa sono i tributi?
L’area della materia tributaria è definita dal nostro ordinamento in negativo: non sono tributi le prestazioni pecuniarie aventi natura sanzionatoria e nemmeno i corrispettivi di diritto privato.
La definizione di tributo può essere data in negativo, salvo poi individuare taluni elementi caratterizzanti.
Per tributo si intende una obbligazione, generalmente di carattere pecuniario, avente il suo titolo in un presupposto identificato dalla legge, non avente carattere di sanzione e che comporta un’erogazione a titolo definitivo (che non presuppone quindi una restituzione).
Quest’ultima precisazione permette di distinguere il tributo da altre entrate pubbliche a carattere coattivo (es. prestiti forzosi).
Possiamo inoltre definire la nozione di tributo grazie alla sua coattività: è una prestazione obbligatoria, il cui adempimento è assistito dalla comminazione da parte dell’ordinamento di sanzioni in caso di inadempienza.
Questi sono gli elementi essenziali della nozione di tributo, grazie ai quali si capisce che il confine tra prestazioni tributarie e altre prestazioni pubbliche può essere sottile.
Imposte e Tasse
Nella categoria del tributo possiamo poi distinguere altre due tipologie di entrate pubbliche:
- imposta
- tassa
Sia l’una che l’altra si caratterizzano per la stessa struttura (quella data dalla definizione di tributo).
La definizione di tributo risponde a diverse esigenze: infatti in diverse occasioni il legislatore subordina l’applicazione di un certo regime giuridico alla nozione di tributo.
Ad esempio, pensando al regime del processo tributario, se si osservano le regole sulle giurisdizioni delle Commissioni Tributarie, si vede scritto che la disciplina del processo tributario (d. 546/1992) si applica a tutti i tributi di ogni genere e specie.
Inoltre, con riguardo al sistema sanzionatorio (avendo il tributo natura coattiva), il decreto 472/1997, che regola la materia, precisa che deve essere applicato a tutti i tributi.
La definizione di tributo serve poi a garantire l’applicazione di un certo regime di protezione costituzionale.
Sinteticamente, la definizione di tributo serve a circoscrivere l’ambito delle norme applicabili alla fattispecie.
Quanto all’ imposta, la sua funzione è quella di garantire e rendere possibile il concorso di ciascuno alle pubbliche spese.
Da questa definizione di imposta nasce tutta una serie di ulteriori connotazioni che la caratterizzano.
Per capire la funzione dell’imposta, la dottrina maggioritaria (Falsitta) richiama l’immagine di un condominio: se si deve rifare il tetto, il costo va sostenuto dai condomini sulla base del criterio dei millesimi proprietari.
Dal punto di vista dell’ordinamento statuale, il “tetto da rifare” sono le pubbliche spese, che devono essere ripartite tra tutti i consociati sulla base di determinati criteri di riparto.
Definizione di Imposta
L’imposta può essere definita quindi come obbligazione di ripartizione.
Bisogna stabilire quali siano gli indici di riparto, cioè i criteri per effettuare il riparto.
A livello statuale, l’indice di riparto in base al quale ciascuno è chiamato a far fronte alle pubbliche spese si chiama capacità contributiva.
Tornando all’esempio del condominio, se uno dei condomini non paga la sua quota, la spesa grava in misura maggiore sugli altri consociati.
Lo stesso ragionamento vale con riferimento al sistema impositivo: se qualcuno si sottrae all’adempimento degli obblighi tributari, gli altri consociati dovranno farsi carico in misura maggiore degli oneri.
Questo pone una serie di problemi, in particolare riguardo la definizione dell’imposta.
Se è vero che, se qualcuno si sottrae dal pagamento dell’imposta, questo comporta un maggiore carico per gli altri consociati, lo Stato non può rinunciare al prelievo dell’imposta nei confronti di un particolare consociato o di un gruppo di consociati.
Questo significa che l’imposta è per definizione indisponibile.
Dopo queste affermazioni, dobbiamo anche pensare però a quanto il sistema sia complesso: basi pensare ai condoni, legislazioni speciali che permettono a un soggetto che si è sottratto all’adempimento degli obblighi tributari di definire la possibile controversia con il pagamento di un certo importo che chiude la vertenza.
Sotto questo punto di vista, il condono è una rinuncia da parte dello Stato all’obbligazione tributaria, perché si accontenta di una definizione agevolata, con il pagamento di una minima quota di imposta evasa.
Effettivamente, i condoni sono quasi sempre sospettati di incostituzionalità, perché violano gli indici di riparto.
Dal principio di irrinunciabilità (o indisponibilità) dell’obbligazione tributaria e dalla sua funzione di ripartizione nascono ulteriori conseguenze.
Ad esempio, se un soggetto viola il suo obbligo tributario, lede non solo il diritto dell’erario alla percezione del dovuto, ma anche il diritto soggettivo di ciascuno dei consociati all’ equa ripartizione.
In sintesi, i caratteri essenziali dell’imposta, oltre a quelli propri del tributo (natura pecuniaria, natura di obbligazione a titolo definitivo e natura non sanzionatoria), sono l’indisponibilità, l’irrinunciabilità e la funzione di riparto.
Definizione di tassa
Quanto, invece, alla tassa, a differenza dell’ imposta che si caratterizza per la sua funzione, la tassa si caratterizza per la sua relazione con una prestazione o un servizio dell’ente pubblico.
Ciò che connota la tassa è il nesso di sinallagmaticità, cioè una connessione tra l’erogazione della stessa e la prestazione del servizio.
Questa definizione rende estremamente difficile capire quando ci si trova di fronte ad una tassa e quando ci si trovi di fronte ad un corrispettivo per l’attività svolta dallo Stato o dagli enti pubblici iure privatorum.
A tal proposito, sono intervenute varie sentenze della Corte Costituzionale che si sono occupate del problema della natura del tributo di determinate entrate quando non era chiaro se fossero tasse o corrispettivi di diritto privato.
Ad esempio, uno dei problemi più recenti che ha interessato al Corte Costituzionale è quello della natura giuridica della Tariffa di Igiene Ambientale (ex TARSU).
Questa, che prima aveva il nomen iuris di tassa, è stata rinominata “tariffa”: ciononostante la Corte Costituzionale ha stabilito che si trattava comunque di una tassa.
L’elemento che distingue la tassa dai corrispettivi di diritto privato è la coattività della tassa.
Questa coattività può apparire in modo multiforme nella disciplina positiva: nel momento genetico, o nella disciplina (es. Canone RAI).
La coattività può emergere in alcuni casi solo nella fonte, mentre la disciplina può essere affidata a fonti privatistiche; in altri casi è la fonte ad essere facoltativa, ma il regime giuridico è di coattività sostanziale (es. tassa di registro).
La tassa non ha dunque funzione di ripartizione, ma funzione di garantire un rapporto tra prestazione e controprestazione in una strutturazione della fattispecie costruita sulla coattività.
A questo punto possiamo segnare un’ulteriore differenza con l’imposta: abbiamo visto che l’imposta si correla a determinati indici di riparto, ma questo non caratterizza la tassa.
La capacità contributiva quindi non si applica alle tasse, perché queste non sono obbligazioni di ripartizione.
Così come nelle imposte il limite del prelievo è dato dalla sussistenza dell’indice di riparto, nelle tasse il limite del prelievo è dato dal costo del servizio.
Bisogna osservare però che ci sono servizi essenziali (es. istruzione), che hanno comunque un costo: come garantire a chi non ha i mezzi per sostenere il costo a farvi fronte?
È necessario che di fronte alle tasse per servizi essenziali riemerga il principio di capacità contributiva del fruitore e non quello del costo del servizio.
Possiamo spingerci ancora oltre e dire che, se un servizio essenziale è gestito con regime privatistico, anche se non siamo di fronte ad una tassa, ma ad un corrispettivo, rimane valido il principio secondo cui l’importo chiesto a chi ne fruisce deve essere proporzionato alla sua capacità contributiva.
In estrema sintesi, le tasse si caratterizzano per la loro sinallagmaticità, però il limite del prelievo può essere il costo del servizio soltanto quando non si tratti di servizi essenziali; in quest’ultimo caso torna ad emergere l’indice di riparto dato dal limite della capacità contributiva, anche quando questi siano gestiti con regime privatistico e prevedano corrispettivi.
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