La vacanza è un periodo dell’anno nel quale, tipicamente, si stacca dal lavoro e ci si gode un periodo di meritato relax dopo tanto studio o lavoro. Tutti sperano che la loro vacanza vada al meglio, ma in alcuni casi ci sono dei problemi che possono insorgere e rovinare di fatto una bella pausa dal lavoro. Si parla di “vacanza rovinata” per ferirsi a tutti i casi in cui una vacanza si trasformi, dal sogno di un anno intero, ad un vero incubo. Questo può dipendere dal fatto che l’albergo prenotato fosse in realtà inesistente, che ci si ferisca mentre si è in vacanza, e via dicendo. Bisogna cercare di capire, in questo caso, in quali casistiche sia possibile far valere un danno per la vacanza rovinata, contro chi si può agire, in quali casi, che prove occorre portare e quando sia possibile il risarcimento.
Vacanza rovinata: ecco quando si ottiene il risarcimento
Il danno da vacanza rovinata si configura a causa di un comportamento errato o incompetenza da parte dell’organizzatore del viaggio o del tour operator per esempio per eccessivo ritardo nella partenza, danneggiamento di un bagaglio, mancanza di servizi pattuiti nel villaggio turistico, disservizi di ogni tipo. Sarebbe inutile elencare tutte le casistiche che possono portare a parlare di “vacanza rovinata” in quanto sono veramente numerose e si tratta di fattispecie sempre aperte.
Il turista, comunque, può contare su delle norme che tutelano il suo diritto ad una vacanza serena. Vediamo come.
Il “Danno da vacanza rovinata”
Il Codice del Turismo, ovvero il decreto legislativo 79/2011, prevede all’articolo 47 l’ipotesi del danno da vacanza rovinata. Il Codice del Consumo individua le cause del danno da vacanza rovinata, specifica inoltre che la risoluzione può essere richiesta in caso di importanza dell’adempimento, e dà la definizione del concetto di “danno da vacanza rovinata”.
L’articolo 74 è una previsione esplicita che lascia pochi spazi a dubbi: in caso di inadempimento o di esecuzione inesatta delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico, sempre che tale inadempimento non sia di scarsa importanza in ossequio alle norme generali sul contratto, la parte offesa può “chiedere, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”.
Si tratta innanzitutto di un danno non patrimoniale, che bisogna quindi tenere distinto dal danno patrimoniale. Il danno da vacanza rovinata per esempio dovuto allo stress accumulato a causa dell’inesatto adempimento delle prestazioni del contratto è diverso dal dal danno patrimoniale che si subisce per la partenza in ritardo di quattro ore dall’aereo, che costringe a pagare un biglietto diverso per la coincidenza, o che si subisce se un bagaglio venga rubato nel villaggio vacanze.
Il danno da vacanza rovinata, così come delineato nel Codice del Turismo, è quindi un danno da “mancato relax”, come tale non economicamente valutabile, e si tratta quindi di un danno non patrimoniale.
Prima dell’introduzione di una legge ad hoc, stante il fatto che nel nostro ordinamento il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi previsti dalla legge, non era possibile risarcire il danno da vacanza rovinata. L’introduzione di questo articolo ha finalmente introdotto la possibilità di ricevere il risarcimento anche per la vacanza rovinata.
Il danno da vacanza rovinata nella giurisprudenza
Il danno da vacanza rovinata era stato concepito dalla Corte di Giustizia Europea nel 2002. La Cassazione a Sezioni Unite ha sancito nel 2008 che non è possibile ottenere un duplice risarcimento, e che comunque la valutazione del danno va subordinata alla manifestazione di determinati sintomi e fenomeni che devono verificarsi, come in tutti i casi in cui sia posta la risarcibilità da danno non patrimoniale: ad esempio, il danno da stress, la depressione, la sofferenza psicologica.
La risarcibilità del danno da vacanza rovinata
Il danno da vacanza rovinata deve essere fatto valere innanzitutto nei confronti all’agenzia di viaggio per le mancanze a lei imputabili (prenotazione e informazione del turista) o del tour operator. Bisogna fare un reclamo al tour operatori entro i dieci giorni dal momento del rientro. Nel reclamo devono essere indicate le difformità rispetto agli standard qualitativi promessi, e tali difformità, come anche l’eventuale più grave inadempimento, devono essere dimostrati.
I termini per far valere il danno sono comunque limitati: entro un anno dal rientro delle vacanze, se si tratta di danni derivati da inadempimento o da inesatta esecuzione della prestazione dovuta da contratto; tre anni, se il danno è relativo a lesioni personali.
Il danno da vacanza rovinata permette quindi di risarcire due tipologie di danni:
- quello patrimoniale, in caso di danno economicamente valutabile;
- quello esistenziale o morale (non patrimoniale), per esempio stress o malattia derivata dal disservizio.
Il danno patrimoniale è, come in ogni caso, più facilmente quantificabile rispetto invece al danno non patrimoniale o morale, che è più difficile da provare. In ogni caso il risarcimento del danno morale avviene secondo equità, e quindi sulla base della valutazione delle prove da parte del giudice.
Il danno esistenziale da vacanza rovinata si configura quando il soggetto non riesce a vivere quel relax e benessere a lui promesso e per cui ha pagato la vacanza, e quando anche al rientro nella vita lavorativa subisce un peggioramento, dovuto allo stress accumulato. Si tratta quindi di un danno riferito al peggioramento della qualità della vita e del benessere, in quanto i periodi di relax e di svago sono interessi non patrimoniali, e la loro lesione si traduce in un danno non patrimoniale.
L’onere della prova segue le regole del rapporto contrattuale, dato che il rapporto fra turista/consumatore e tour operator è disciplinato dalle norme generali del contratto: quindi la prova del danno subito spetta al turista, che deve dimostrare per mezzo di prove (fotografie, ecc.) l’inadempimento o l’inesatto adempimento della prestazione. Il tour operator deve dimostrare invece, al contrario, che il contratto è stato adempiuto.
Infine, bisogna anche quantificare il danno: il risarcimento del danno può essere integrale, ovvero deve risarcire in toto il pregiudizio; deve essere calcolato dal giudice secondo equità, tenendo quindi conto di tutte le situazioni che si possano verificare nel caso concreto.