Il rapporto fra medico e paziente è da sempre un rapporto molto complesso e delicato.
Di recente, poi, la normativa ha disposto delle modifiche interessanti nel rapporto fra il medico ed il paziente, che oggi viene considerato di natura sostanzialmente contrattuale: e, come da regola in questi casi, è quindi necessario che le due volontà – quella del medico e quella del paziente – incontrino in piena libertà.
Si suol dire che è stata superata ogni concezione paternalistica del rapporto fra medico e paziente.
Consenso informato e risarcimento dei danni
Si parla di consenso informato riferendosi al fatto per cui l’intervento medico non è da considerare lecito se il paziente non ha ricevuto dal proprio medico tutte le informazioni circa le cure ed i trattamenti al quale verrà sottoposto.
Il principio del consenso informato, che si relaziona con il principio dell’autodeterminazione e con l’articolo 32 della Costituzione, fa sì che il paziente debba rilasciare il proprio consenso su ogni aspetto del trattamento medico, e di conseguenza che il trattamento stesso (nonché i farmaci utilizzati ed ogni informazione utile) debbano essere spiegati, secondo un metro comprensibile, al paziente.
Non solo: al paziente deve anche essere spiegata ogni possibile complicazione in conseguenza all’intervento, anche quelle meno probabili, nonché anche la possibilità di eseguire trattamenti alternativi, con un altro specialista o addirittura in una diversa struttura medica, se vi siano carenze materiali in quella presa in considerazione.
Terminata la spiegazione il paziente ha diritto di chiedere eventuali chiarimenti, e solo laddove l’intero quadro gli sia chiaro, dovrà dare il consenso informato (oppure il dissenso informato) al trattamento.
Come si rilascia il consenso informato?
La legge non prescrive alcun obbligo di rilasciare il consenso informato in forma scritta, motivo per cui si ritiene del tutto valido anche un consenso informato verbale, quindi espresso oralmente.
Questo è quanto, se non che, stante la difficoltà (laddove non addirittura impossibilità) di provare dal piano pratico l’espressione di un consenso da parte di un paziente in caso di contenzioso, la maggior parte dei medici preferisce far firmare un documento al proprio paziente, che contiene l’informativa.
Ma non basta: al paziente il contenuto del documento deve essere opportunamente spiegato.
Il consenso informato deve contenere tutte le informazioni necessarie al paziente: testi troppo ristretti o al contrario dilungati e ricchi di termini tecnici, che non è utile per l’informazione del paziente, non sono quindi adatti.
Il diritto al risarcimento
La questione della nostra trattazione è: quando si ha diritto al risarcimento da mancato consenso informato?
Senza dubbio alcuno, il paziente ha diritto ad ottenere il risarcimento se l’intervento non va come dovrebbe.
Ma una recente sentenza della Cassazione, rivoluzionaria sotto ogni punto di vista, ha sostenuto che l’omesso consenso informato dà diritto al risarcimento anche laddove l’intervento sia riuscito.
La violazione dell’obbligo di trasparenza nei confronti del paziente, è di per sé, autonomamente, un illecito che come tale va risarcito. Anche laddove l’intervento o il trattamento abbiano avuto buon fine.
La sentenza della Cassazione ha quindi stabilito che, ogni volta in cui non viene presentato al paziente il modulo per il consenso informato sia il medico che la struttura sanitaria vengono condannati al risarcimento del danno.
E’ infatti avvenuta la lesione del diritto di autodeterminazione del soggetto.
Chiariamo un concetto fondamentale: il danno da mancato consenso informato è differente ed autonomo dal danno alla salute, che invece fa scattare la c.d. responsabilità medica.
Se un intervento chirurgico esce male per imperizia del medico, allora scatta la responsabilità medica, che dà diritto al risarcimento per il danno subito.
Ma il danno da mancato consenso informato riguarda piuttosto l’obbligo di informazione ed è possibile richiederne il risarcimento anche in caso di assenza di un qualsivoglia danno o lesione alla salute ed all’integrità psico-fisica del paziente.
In parole povere questo significa che, se ad un paziente non viene fatto sottoscrivere il modulo di consenso informato ed oltre a ciò l’intervento non dovesse andare bene, si sarebbe di fronte a due differenti illeciti che danno vita a due diverse fonti di diritto al risarcimento.
E’ molto importante comprendere questa differenza, dato che mai il risarcimento per mancato consenso potrebbe comprendere o includere anche il risarcimento per responsabilità medica.
Sussiste però a carico del danneggiato l’onere della prova di dimostrare che, laddove egli fosse stato correttamente informato del trattamento medico, lo avrebbe con ogni probabilità rifiutato.
Non basta quindi lamentare di non essere stati informati, occorre anche dimostrare che laddove si fosse stati informati, si avrebbe scelto di non sottoporsi al trattamento o all’intervento: in questo senso, una recente pronuncia della Cassazione.
Il consenso informato non è sempre indispensabile
La legge contempera interessi ed obblighi tenendo conto delle varie necessità imposte dal caso concreto.
Vi sono quindi determinati casi nei quali la mancanza di consenso informato non fa scattare un illecito: ad esempio, nei casi di urgenza.
Laddove vi sia una situazione di urgenza e non sia possibile dedicare del tempo all’informazione del paziente, allora il medico è autorizzato a procedere senza consenso informato se il paziente non è cosciente.
Se invece il paziente è cosciente, e ci si trova pure in una situazione di urgenza, il medico comunque deve ottenere un consenso – ancorché conciso ed essenziale – circa l’intervento.
Nel caso che abbiamo visto, situazione di urgenza e paziente incosciente, il medico non è tenuto a richiedere il consenso informato, facendo riferimento alla scriminante di cui all’articolo 54 del Codice Penale (principio dello stato di necessità).
Consenso informato e minore
Un caso molto delicato si prospetta anche laddove a dover dare il consenso informato sia un minore.
In questo caso, in generale, il consenso può essere dato dai genitori, dato che il soggetto non ha compiuto i 18 anni.
Tuttavia, come sempre nei casi più gravi, la legge dispone che il bambino (anche se minore di 12 anni) debba essere sentito, laddove abbia la maturità di capire la situazione.
Il codice di deontologia medica, d’altronde, all’articolo 33, dispone che il medico deve modulare le informazioni compatibilmente con l’età e la capacità di comprensione del soggetto, quindi anche del minore, e deve tenere conto delle sue volontà.