Come sappiamo bene, il versamento dei contributi da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore è un obbligo per il primo, che consente al secondo di crearsi un requisito fondamentale, assieme all’anzianità, per poter accedere ad un trattamento pensionistico.
Mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro
I contributi previdenziali obbligatori sono somme di denaro sottratte dallo stipendio del lavoratore dipendente e versate direttamente dal datore di lavoro all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Tali contributi vengono poi utilizzati dal lavoratore stesso per far fronte a situazioni quali la cessazione dell’attività lavorativa, la liquidazione della pensione, e via dicendo.
Ebbene, può però avvenire che, per diversi motivi, un datore di lavoro non versi all’INPS i contributi del lavoratore dipendente. Sembra che, secondo recenti statistiche, il numero dei contributi non versati all’INPS negli ultimi anni sia cresciuto del 21.4%, specialmente nell’ambito dell’industria.
Vale la pena ricordare che, oltre che ad essere un obbligo per il datore di lavoro, il mancato versamento dei contributi integra anche una fattispecie penale vera e propria.
Come verificare se il datore di lavoro versa i contributi
La prima cosa da fare, per verificare se il proprio datore di lavoro stia correttamente versando i contributi che sono dovuti, è quella di controllare la propria situazione dal punto di vista previdenziale.
Farlo è molto semplice: basta collegarsi al sito internet dell’INPS e fare accesso all’area personale, inserendo il codice PIN. A questo punto si scarica l’estratto conto e si controlla se il versamento dei contributi sia stato regolare. Chi preferisca rivolgersi al Patronato può farlo, per mezzo di un apposito modulo di ricerca.
Una volta che si accerti che ci sono, effettivamente, delle anomalie nel versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, bisogna agire velocemente.
Il lavoratore dipendente può agire in maniera differente a seconda di quanto tempo sia trascorso dal mancato versamento dei contributi. Distinguiamo quindi due ipotesi:
- Il caso in cui siano passati più di 5 anni dal mancato versamento dei contributi.
In un caso simile, bisogna tenere conto dell’avvento della prescrizione: vale a dire, non è più possibile fare valere il proprio diritto, perché è trascorso senza iniziativa da parte dell’interessato (il lavoratore) un lasso di tempo che la legge ha indicato.
In un caso simile, quindi, l’INPS non può dare inizio ad alcuna azione di recupero nei confronti dell’azienda. La conseguenza di questa situazione è molto intensa: il lavoratore avrà, in buona sostanza, lavorato per quegli anni in cui non sono stati versati i contributi “inutilmente” ai fini della pensione. Ecco perché è davvero molto importante controllare la propria situazione contributiva in maniera regolare.
- Il caso in cui siano passati meno di 5 anni dal mancato versamento dei contributi.
In questo caso il lavoratore può agire nei confronti del datore di lavoro per ottenere il versamento dei contributi omessi.
Il lavoratore, per far valere il suo diritto, deve immediatamente informare della situazione l’INPS, la quale, in concomitanza con l’Agenzia delle Entrate, provvederà a verificare se la dichiarazione del lavoratore corrisponde a realtà.
In tal caso, l’INPS emette diffida di mancato versamento dei contributi nei confronti del datore di lavoro, notificando l’accertamento del reato, e invia tale diffida al titolare dell’azienda (o al rappresentante legale dell’azienda).
La diffida contiene l’avviso della somma che il datore di lavoro è chiamato a versare, per regolarizzare la propria posizione, ed il termine per l’adempimento, che è di tre mesi dalla notifica. Per il datore di lavoro è possibile anche rateizzare l’importo da restituire prima che l’omissione venga formalizzata. Quando ciò avviene, si configura in capo al datore di lavoro un reato di evasione contributiva. Tale reato viene punito dalla legge penale con la reclusione fino ad un massimo di tre anni ed una multa.
Cosa fare se il datore di lavoro non versa
In caso in cui il datore di lavoro non versi i contributi, rimangono inoltre due strumenti in mano al lavoratore per vedere rispettato il proprio diritto. Il lavoratore dipendente potrà agire per mezzo di azione giudiziaria ovvero potrà esercitare l’azione di riscatto.
Se il lavoratore sceglie di citare in giudizio il datore di lavoro inadempimento, lo fa per ottenere il risarcimento del danno.
Ovviamente, come ogni qualvolta si intenti una causa, i tempi per la soluzione della questione potranno essere lunghi. Inoltre, è il caso di far notare che il danno vero e proprio (e sulla base del quale il lavoratore richiede il risarcimento) si verifica solamente quando il lavoratore stesso debba concretamente andare in pensione.
Se invece il lavoratore sceglie di esercitare la domanda di riscatto, la questione si pone diversamente. Con tale domanda, infatti, il lavoratore chiede al datore di lavoro il riscatto dei periodi di lavoro che non sono stati coperti dal versamento dei contributi previsti dalla legge.
In questo caso lo stesso INPS concede ai lavoratori una rendita, il cui importo è pari a quello del trattamento pensionistico ovvero del trattamento pensionistico al quale il lavoratore avrebbe avuto diritto sulla base dei contributi che non sono stati versati dal datore di lavoro.
Per procedere alla domanda di riscatto, il lavoratore deve rispettare alcuni requisiti: innanzitutto, ovviamente, deve dare prova dell’avvenuto rapporto di lavoro (per esempio presentando la lettera di assunzione all’INPS, le buste paga, ecc.). Non viene ammessa la prova testimoniale.
In secondo luogo il lavoratore doveva essere iscritto all’INPS nel periodo in cui il datore di lavoro ha omesso il versamento dei contributi. Quindi se nel periodo in questione si era iscritti presso altri enti pensionistici, non si può far valere il diritto di riscatto.
La domanda di riscatto può essere presentata dal lavoratore in ogni momento, anche quando si trovi ciò in pensione.
La rendita vitalizia reversibile
In caso di omissione nel versamento dei contributi, il lavoratore si ritroverà con una pensione più magra. A tale conseguenza egli può ovviare costituendo una rendita vitalizia reversibile che viene erogata dall’INPS previo pagamento di una somma di denaro da parte del lavoratore o del datore di lavoro. La somma è diversa a seconda del sesso, dell’età del lavoratore e del periodo scoperto da contributi.