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Mobbing sul Lavoro: Cos’è, Come Provarlo e Quanto viene Risarcito?

Il mobbing  un fenomeno dotato di implicazioni sociali e psicologiche, ma anche giuridiche. Questo fenomeno, ampiamente diffuso oggi come oggi negli ambienti lavorativi, deve quindi essere analizzato con attenzione anche dal punto di vista giuridico.

mobbing

Mobbing sul lavoro: cos’è e cosa fare

Si chiama “mobbing” quella condotta avente lo scopo di perseguitare un lavoratore, per emarginarlo, per spingerlo all’esasperazione e, infine, per spingerlo a rassegnare le dimissioni. Il mobbing consiste necessariamente in una serie continuata di atti (e non in un singolo atto), che si prolunga nel tempo, e che se presi singolarmente possono anche essere considerati leciti.

Nel complesso, però, tali atti sono spinti a denigrare e spingere alla volontà di allontanarsi dal luogo di lavoro un lavoratore, interferendo sia con la sua attività lavorativa che con la sua stabilità psicologica e la sua autostima. Abbiamo detto che il mobbing è una questione sono solo giuridica ma anche psicologica e sociale in quanto tale fenomeno si traduce in una lesione della dignità del soggetto che ne viene colpito, sia dal punto di vista personale che dal punto di vista professionale.

Il mobbing può essere portato avanti sia da un collega (e in tal caso di parla di mobbing orizzontale, in quanto si realizza un’emarginazione fra colleghi allo stesso livello) oppure dal datore di lavoro (in questo caso il mobbing assume il nome di bossing, o di mobbing verticale). I motivi per i quali il mobbing viene esercitato possono essere i più diversi: invidia o acredine personale. Il dipendente può essere emarginato dal punto di vista del suo orientamento politico, della sua provenienza etnica e via dicendo.

Non è importante se il mobbing ottiene o meno l’effetto desiderato, vale a dire le dimissioni o il demansionamento, che può essere anche scevro da una volontà di punizione. La sola condotta consistente mobbing può essere punita, ed adesso vedremo in che modo. Resta un punto cruciale: il mobbing è reato oppure no?

Ora come ora no, non essendo oggetto di una specifica fattispecie inserita nel codice penale. Per questo dal punto di vista penale si fa rientrare il mobbing nel reato di ingiuria, o di diffamazione o di molestai o disturbo, di violenza privata, in alcuni casi di violenza sessuale, di abuso d’ufficio o di maltrattamenti a seconda della condotta di volta in volta considerata.

Il mobbing quindi non è ancora reato (ma sono punibili i singoli comportamenti) ma la sua diffusione sta sensibilizzando l’opinione pubblica circa la possibilità dell’introduzione di un reato ad hoc.

mobbing sul lavoro

Come provare il mobbing

Il mobbing è una condotta illecita che come tale, e lo vedremo, può condurre all’obbligo di risarcire il danno da parte del soggetto (o dei soggetti, come anche spesso accade) che hanno tenuto tale comportamento.

Tuttavia spesso e volentieri la difficoltà da parte del lavoratore che subisce mobbing sta nel dimostrare la situazione. Il lavoratore infatti deve dimostrare di aver subito atti vessatori, e questo sarebbe più semplice se egli potesse contare su dei testimoni.

Se non che, solitamente, gli stessi colleghi del lavoratore sono quelli che esercitano il mobbing o ne sono compiacenti, quindi trovare un testimone diventa di solito alquanto difficile. Il lavoratore deve quindi cercare di fornire la prova di ogni singolo atto vessatorio da parte dei colleghi o da parte del datore di lavoro, mentre per quanto concerne la finalità degli atti vessatori stessi, ovvero lo scopo che con essi si intende ottenere, il lavoratore può avvalersi di presunzioni.

Le presunzioni sono, secondo la lettera della legge, conseguenze che il giudice o la legge traggono da delle circostanze. Perché si possa prendere in considerazione le presunzioni, esse devono essere, dice il Codice Civile, gravi, precise e concordanti. Non solo: il lavoratore deve anche dimostrare di aver subito un danno. Solamente laddove egli dimostri il danno egli potrà ottenere un risarcimento da parte dei soggetti ai quali sia attribuibile la condotta.

Il medico legale potrà quindi constatare l’esistenza di un danno fisico o, come accade già di frequente, di un danno morale e non patrimoniale. Sulla base di questo danno potrà essere poi possibile, per il lavoratore, ottenere un risarcimento. In poche parole, il soggetto che ritiene di essere stato vittima di mobbing deve dimostrare il comportamento vessatorio.

Ricordiamo che il comportamento vessatorio è una condotta atipica, non tipizzata, può consistere sia in comportamenti come molestie sessuali, demansionamento, comportamento che si riferisce alla sfera privata del soggetto, isolamento fisico del lavoratore ecc.

Deve inoltre dimostrare che il comportamento denoti la volontà di isolarlo o di maltrattarlo (e qua si fa riferimento alle presunzioni). Deve dimostrare l’esistenza di un danno in conseguenza al mobbing ed il nesso causale fra il comportamento ed il danno.

Vediamo come.

Il risarcimento dei danni

Il lavoratore vittima di mobbing, una volta che abbia dimostrato l’esistenza di una serie di comportamenti vessatori nei suoi confronti e che abbia dimostrato di aver sofferto di un danno a suo carico e l’esistenza di un nesso causale fra il comportamento eccepito ed il danno stesso, potrà ottenere il risarcimento dei danni.

Che tipo di danno si può rilevare da una condotta di mobbing?

Pensiamo all’esempio di un lavoratore che, continuamente umiliato dai colleghi oppure dal proprio datore di lavoro, perda autostima e sviluppi una forma di depressione. In questo caso potrà appunto ricevere un risarcimento.

Il danno che fa scaturire l’obbligo al risarcimento può essere di natura:

⁃         patrimoniale: il danno è di natura patrimoniale quanto è quantificabile in denaro. Pensiamo per esempio alle spese che il lavoratore ha sostenuto per accertare e diagnosticare di soffrire di depressione in conseguenza al comportamento vessatorio dei colleghi.

⁃         non patrimoniale. Il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi previsti dalla legge. Si tratta di un danno che consiste in una lesione della salute (sia fisica che psichica) ovvero di un bene giuridico tutelato dalla Costituzione, come per esempio diritto di manifestare il pensiero.
Per la quantificazione del danno non patrimoniale si fa ricorso a delle tabelle appositamente preparate dal legislatore ed utilizzate su tutto il territorio nazionale.

Il risarcimento è quindi proporzionato alla gravità dell’invalidità che viene rilevata dal medico.

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