- In quali casi si può parlare di licenziamento illegittimo?
Si parla di licenziamento illegittimo nei casi in cui il licenziamento venga intimato con il ricorso delle seguenti condizioni: assenza di giusta causa o giustificato motivo, mancanza della forma scritta o sussistenza di motivi discriminatori.
In questi casi, la legge prevede la tutela del lavoratore che impugni il licenziamento.
Il lavoratore che ritenga di essere stato illegittimamente licenziato, può impugnare il licenziamento entro un termine perentorio stabilito dalla legge.
Tale termine è di sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento, termine entro cui deve sempre avvenire la contestazione o l’impugnazione stragiudiziale.
2. Quali sono i regimi di tutela applicabili?
Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 23/2015, sono stati previsti regimi di tutela differenziati a seconda che il lavoratore licenziato sia stato assunto prima o dopo il 7 marzo 2015.
Il Decreto Legislativo in questione, infatti, introduce un nuovo regime di tutele che privilegia la strada della tutela indennitaria a discapito della reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo dei lavoratori assunti a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015.
Si parla, a tal proposito, di regime a tutele crescenti in quanto sussiste una correlazione fra la misura dell’indennizzo economico e l’anzianità aziendale.
Per quanto riguarda, invece, i dipendenti assunti prima di tale data, continua a trovare applicazione la disposizione di cui all’art 18 dello Statuto dei Lavoratori.
3. Qual è la disciplina prevista per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015?
Nei casi in cui la sentenza del giudice attesta la nullità o l’inefficacia del licenziamento di soggetto assunto prima del 7 marzo 2015, il lavoratore stesso ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro nonché al risarcimento del danno.
L’entità del risarcimento è data dalla retribuzione di fatto maturata nel periodo compreso fra il licenziamento e la reintegrazione (comunque non inferiore a cinque mensilità), nonché dal versamento dei contributi relativi al medesimo periodo.
Il lavoratore, inoltre, può chiedere al datore, in alternativa alla reintegrazione, un’indennità pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto.
Il datore che abbia alle proprie dipendenze più di quindici lavoratori, non può procedere direttamente ad intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo se prima non abbia attivato una procedura di conciliazione davanti alla commissione apposita presso la Direzione territoriale del lavoro.
4.Qual è la disciplina prevista per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015?
Il Decreto Legislativo 23 del 2015, attuativo del cosiddetto Jobs Act, ha introdotto un nuovo regime di tutela per le ipotesi di licenziamento illegittimo.
Nella maggior parte dei casi, il lavoratore licenziato avrà diritto a percepire esclusivamente un indennizzo di carattere economico, lasciando la tutela reintegratoria limitata a poche ipotesi residuali.
Più precisamente, la reintegrazione nel posto di lavoro continua ad essere prevista per alcuni casi tipizzati di licenziamento discriminatorio e per quello di natura disciplinare nel caso in cui venga provata l’insussistenza del fatto materiale contestato.
Per tutti gli altri casi di recesso ingiustificato, lo strumento posto nelle mani del giudice è quello di un risarcimento crescente in base all’anzianità di servizio.
5.Come si calcola il risarcimento dovuto in caso di licenziamento?
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 15066 del 2015, ha chiarito come si calcola il risarcimento in caso di licenziamento illegittimo.
La regola generale è quella per cui il risarcimento deve essere commisurato alla retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato in quel determinato periodo. Fanno eccezione, chiaramente, i compensi legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione ed aventi carattere eventuale.
6. Può essere richiesto anche il risarcimento di un danno biologico da licenziamento?
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23686 del 19 novembre 2015, ha respinto la domanda di una donna che aveva chiesto, in aggiunta all’indennità forfettaria per il licenziamento illegittimo, anche il danno biologico per la sindrome depressiva comparsa in seguito alla perdita del lavoro.
La Corte, infatti, ha affermato che la richiesta del danno biologico, come domanda ulteriore ed autonoma rispetto a quella principale di risarcimento danni, può essere presentata esclusivamente nei casi in cui il licenziamento sia stato posto in essere con modalità ingiuriose, persecutorie e vessatorie.
La prova circa la presenza di particolari atteggiamenti vessatori, idonei a costituire la base per la richiesta di un danno biologico, deve essere fornita dal lavoratore stesso, unitamente al lamentato pregiudizio subito.
7. Quali effetti produce un licenziamento orale?
Il licenziamento intimato verbalmente dal datore di lavoro, senza alcuna comunicazione scritta, è inefficace per violazione di legge.
Il licenziamento verbale, non essendo produttivo di alcun effetto, lascia intatta l’obbligazione del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione al lavoratore.
Il lavoratore, oltre alla reintegrazione nel posto di lavoro, ha diritto anche al risarcimento del danno.
Dal risarcimento del danno dovuto al lavoratore devono essere dedotte le somme percepite per un’altra occupazione eventualmente trovata dal lavoratore in seguito al licenziamento orale.
Come alternativa alla reintegrazione, il lavoratore può optare per il versamento dell’indennità sostitutiva, la quale ammonta a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto.
Il licenziamento orale deve essere impugnato entro cinque giorni dal momento in cui viene pronunciato.
Il fatto che il licenziamento orale debba essere provato dal lavoratore, tuttavia, complica le cose in quanto il datore di lavoro, per confondere le carte, potrebbe dire che si è trattato di assenza ingiustificata.
8. Esistono casi in cui il licenziamento produce danni risarcibili in capo alla pubblica amministrazione?
In caso di licenziamento disciplinare, è previsto un termine di venti giorni a decorrere dall’avvio del procedimento disciplinare stesso per poter esercitare azione di risarcimento per i danni di immagine subiti dalla pubblica amministrazione.
La riforma (cosiddetta Riforma Madia) prevede un allungamento dei tempi per l’esercizio dell’azione di risarcimento per danni di immagine nei confronti della Pubblica Amministrazione.
La segnalazione alla procura regionale della corte dei conti e la denuncia al Pubblico Ministero avranno cinque giorni di tempo in più rispetto alla disciplina precedente per essere espletate.
Anche la Procura della Corte dei Conti avrà centocinquanta giorni a disposizione (e non più centoventi) per procedere per danni all’immagine nei confronti della Pubblica Amministrazione a decorrere dalla conclusione della procedura di licenziamento.
A parte il capitolo licenziamenti, il decreto correttivo rivede anche tempi e procedure dell’azione disciplinare.