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La procedura di bilancio dopo il Trattato di Maastricht e il Trattato di Lisbona

Dopo aver analizzato il ruolo del Parlamento europeo nella procedura di bilancio all’epoca dei trattati degli anni ’50 e degli anni ’70, è necessario esaminare anche il periodo successivo ai Trattati di Roma nel quale si sono avuti notevoli cambiamenti che hanno portato ad una procedura di bilancio nuova in cui il Parlamento europeo acquista poteri e prerogative pari a quelle del Consiglio e si è usciti dal deficit di legittimazione che ha a lungo gravato sull’Unione europea[1].

La procedura di bilancio dopo il Trattato di Maastricht e il Trattato di Lisbona

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Con l’entrata in vigore del trattato di Maastricht, nel 1992, il Trattato di Roma (ossia il trattato del 25 Marzo 1957 che istituisce la Comunità economica europea) cambia nomenclatura e si chiama Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) per poi divenire il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Gli articoli 313 e seguenti del TFUE, che sono una derivazione degli articoli 272 e seguenti del vecchio TCE, tracciano dettagliatamente i passaggi della procedura di bilancio.

A differenza del TCE, il TFUE specifica sin dall’inizio che il bilancio annuale dell’Unione europea è approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Questo è uno degli elementi innovativi che vengono introdotti dal TFUE a prova della volontà di dare sempre più poteri al Parlamento europeo. L’esercizio finanziario ha la durata di un anno solare e va dal 1° gennaio al 31 dicembre.

Tutte le spese e le entrate dell’Unione europea devono essere oggetto di previsione, iscritte nel bilancio e risultare in pareggio.

Il bilancio deve essere finanziato esclusivamente e integralmente da risorse proprie[2] (e non più dagli apporti degli Stati membri) ed è necessario elaborare un quadro finanziario pluriennale[3] (di durata di almeno 5 anni) che fissi i massimali di spesa in base alla disponibilità finanziaria garantita dalle entrate.

E’ necessario anche fissare il massimale d’aumento delle spese non obbligatorie calcolato in base a criteri macroeconomici (PIL dell’Unione europea, variazione media dei bilanci nazionali, valutazione del costo medio della vita negli Stati membri).

Il superamento del massimale d’aumento è possibile solo con accordo di Consiglio e Parlamento.  Il progetto di bilancio annuale dovrà rispettare scrupolosamente il quadro finanziario pluriennale adottato dal Consiglio all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo (che lo vota a maggioranza dei membri che lo compongono).

Il procedimento di bilancio può essere quindi suddiviso in quattro grandi fasi[4].

La prima fase prevede che ogni istituzione dell’Unione europea rediga, in base alla propria procedura interna ed entro il 1° luglio, uno stato di previsione delle spese da sostenere per l’anno finanziario successivo.

Tutti gli stati di previsione di tutte le istituzioni dell’Unione europea vengono poi raggruppati dalla Commissione (dopo aver partecipato ad un trilogo con Parlamento e Consiglio, aver tenuto conto degli orientamenti e delle priorità di bilancio da essi delineati e, infine, aver fissato alcuni principi nell’ambito di una particolare procedura di codecisione riguardo alle spese non obbligatorie)  e consolidati nel progetto di bilancio annuale (che comprende una previsione non solo delle spese ma anche delle entrate).

Tale progetto ha la valenza di proposta di bilancio elaborata dalla Commissione e deve necessariamente passare al vaglio del Parlamento europeo (altro elemento chiarificatore del ruolo di codecisione del Parlamento: nell’ art 272 TCE infatti era previsto l’esame del solo Consiglio sul progetto di bilancio della Commissione) e del Consiglio entro il 1° settembre dell’anno precedente a quello dell’esecuzione del bilancio.

La Commissione anche successivamente alla proposizione del progetto di bilancio davanti al Parlamento e al Consiglio può modificarlo fino alla convocazione del comitato di conciliazione.

La seconda fase prevede che il Consiglio, dopo aver ricevuto la proposta di bilancio da parte della Commissione e dopo averla esaminata, adotti una sua propria posizione che deve comunicare al Parlamento europeo con le dovute motivazioni non oltre il 1° ottobre dell’anno finanziario precedente a quello dell’esecuzione del bilancio.

Si passa così alle terza fase nella quale il Parlamento europeo dispone di 42 giorni (e non di 45 giorni ex art 272 TCE)  per adottare la sua posizione, tenendo conto delle sue priorità politiche. La votazione avviene in Aula e si svolge nella seconda sessione di ottobre a Strasburgo.

Con la quarta fase si entra nel vivo della procedura. Se nel termine dei 42 giorni il Parlamento non ha deliberato o approvato la posizione del Consiglio, il bilancio è adottato.

Tuttavia, e nella maggior parte dei casi, il Parlamento approva con emendamenti la posizione del Consiglio e in questo caso il progetto di bilancio, così modificato, ritorna al Consiglio e alla Commissione e il Presidente del Parlamento europeo (in accordo con il Presidente del Consiglio) convoca il comitato di conciliazione (che non si riunisce se nel termine di 10 giorni il Consiglio comunica al Parlamento europeo che approva tutti gli emendamenti). Proprio in questa fase possono riscontrarsi chiaramente i diversi e i più ampi poteri che il Parlamento acquisisce con il Trattato di Lisbona nel procedimento di bilancio.

Infatti nella normativa previgente (art 272 TCE), qualora il Parlamento europeo avesse adottato emendamenti, il progetto così modificato sarebbe dovuto ritornare al Consiglio che, dopo aver discusso con la Commissione e le altre eventuali istituzioni interessate, poteva modificare e addirittura rigettare arbitrariamente gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo deliberando a maggioranza qualificata.

Da ciò che emerge dall’art 272 TCE, dunque, non esisteva alcun comitato di conciliazione semplicemente perché il Consiglio poteva autonomamente adottare il bilancio (rigettando gli emendamenti proposti dal Parlamento) deliberando a maggioranza qualificata.

L’unica arma a favore del Parlamento europeo contro l’arbitrio del Consiglio era, unicamente per motivi gravi ed eccezionali, quella del comma 8 dell’art 272 TCE che prevedeva la possibilità per il Parlamento di rigettare il progetto di bilancio chiedendone la ripresentazione di uno nuovo.

Il Parlamento europeo poteva esercitare questa facoltà esclusivamente deliberando a maggioranza dei membri e dei due terzi dei suffragi espressi.

[1] Più ampiamente, C. Pinelli-F. Barazzoni, La carta dei diritti, la cittadinanza e la vita democratica dell’Unione, in F. Bassanini – G. Tiberi (a cura di), Una Costituzione per l’Europa. Dalla Convenzione europea alla Conferenza Intergovernativa, Bologna, 2003, p. 37 ss.

[2] Alfonso Iozzo, Stefano Micossi, Maria Teresa Salvemini, A new budget for the European Union?, CEPS Policy Brief, No. 159, Maggio 2008.

[3] Cesare Pinelli, Ruolo e poteri del Parlamento europeo, cit., p. 179

[4] Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, art 314 ss.

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