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Risarcimento Danni per Inadempimento Contrattuale

  1. In cosa consiste l’inadempimento contrattuale?

Si realizza la fattispecie di inadempimento contrattuale quando si verifica la mancata o inesatta attuazione della prestazione da parte del debitore.

L’inadempimento si differenzia dalla prestazione inesatta, la quale viene eseguita in luogo diverso da quello pattuito o in ritardo o in maniera qualitativamente difettosa.

Risarcimento Danni Inadempimento Contrattuale

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L’inadempimento provoca, in capo al debitore, l’obbligo di risarcire il danno al creditore qualora la mancata o inesatta esecuzione della prestazione sia dipesa da causa a lui imputabile.

La norma di riferimento è l’art 1218 c.c., il quale esclude la responsabilità del debitore nei casi in cui questi provi che l’inadempimento è dovuto alla sopravvenuta impossibilità della prestazione e nei casi in cui l’impossibilità non dipenda da causa imputabile al debitore stesso.

In quest’ultima ipotesi non si parla di inadempimento bensì di “mancato adempimento”, che non è rilevante ai fini della responsabilità debitoria.

 

  1. A chi spetta l’onere della prova?

 

L’art 1218 c.c. attribuisce al debitore che voglia sottrarsi alla responsabilità sia la prova dell’evento che ha causato l’impossibilità della prestazione sia la prova della non imputabilità di questo evento.

Il creditore che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni, invece, deve soltanto limitarsi a dedurre le circostanze dell’inadempimento del debitore.

Opera la cosiddetta regola della presunzione della colpa, per cui il creditore ha esclusivamente l’onere di dimostrare l’inadempimento della controparte e l’entità del danno.

Il criterio principale per determinare se la causa d’impossibilità sia imputabile o meno al debitore è quello della diligenza: deve essere impossibile richiedere al debitore un comportamento diverso da quello adottato in quanto sono state prese tutte le misure idonee e possibili per evitare il danno.

Esiste un caso in cui la diligenza non è sufficiente a liberare il debitore dalla responsabilità: questo succede quando il debitore, pur rimanendo titolare dell’obbligo, si serve dell’opera di terzi per l’adempimento dell’obbligazione stessa.

Il debitore risponde anche dei fatti dolosi o colposi dei terzi ausiliari, non rilevando la diligenza e la prudenza nella scelta dei terzi stessi.

In sintesi, il debitore non può ritenersi liberato dall’obbligazione se l’inadempimento è imputabile all’opera di terzi perché la scelta di ricorrere a questi non può ricadere sul creditore.

 

  1. Cosa succede se il debitore adempie in ritardo?

 

Una particolare ipotesi di inadempimento è quella derivante dall’inosservanza delle modalità temporali previste per l’obbligazione.

Il ritardo non implica necessariamente la mora perché quest’ultima costituisce una forma di ritardo qualificato, che prevede la presenza di presupposti specifici previsti dalla legge.

Perché il debitore sia costituito in mora è necessario che sussista un’intimazione o richiesta formulata per iscritto dal creditore (art 1219 c.c.).

Esistono casi particolari in cui l’intimazione non è necessaria per la costituzione in mora del debitore: questo succede quando sussiste una dichiarazione scritta del debitore di non voler eseguire l’obbligazione e quando non viene eseguita, entro la scadenza, un’obbligazione da adempiere presso il domicilio del creditore.

Anche in caso di mora, il debitore ha comunque la possibilità di dimostrare che, se l’adempimento fosse avvenuto entro i tempi stabiliti, la cosa sarebbe comunque perita anche se entrata nella sfera di disponibilità del creditore.

L’adempimento tardivo del debitore fa cessare gli effetti della mora ma deve comprendere, oltre alla prestazione originaria, anche il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo.

 

  1. Come si determina il danno risarcibile?

 

Il danno risarcibile è composto sia dalla perdita subita dal creditore (danno emergente) sia dal mancato guadagno (lucro cessante).

Il danno emergente comprende ogni perdita o mancata acquisizione di una utilità già presente nel patrimonio del danneggiato.

Il lucro cessante si identifica come ogni mancato guadagno che si avrebbe avuto se il fatto illecito non fosse stato realizzato.

Possiamo parlare di lucro cessante, ad esempio, quando il creditore non riesca ad ottenere un macchinario dovuto dal debitore. In questo caso il debitore sarà tenuto al risarcimento del mancato guadagno che il creditore avrebbe potuto realizzare se il macchinario fosse stato fornito ed utilizzato per la sua attività.

La dimostrazione del lucro cessante non è semplice poiché non si ha una perdita certa di un guadagno bensì il venir meno di una possibilità (o probabilità) di incrementarlo.

Il risarcimento dovuto dal debitore è limitato al danno che era prevedibile nel momento in cui l’obbligazione è sorta se l’inadempimento non dipende da dolo del debitore.

Il debitore, poi, non può essere condannato a risarcire i danni che il creditore avrebbe potuto evitare se solo avesse usato l’ordinaria diligenza.

La condotta tenuta dal creditore, infatti, potrebbe aver concorso a determinare il danno o potrebbe aver aggravato un danno imputabile al debitore.

La misura del risarcimento non è determinata fin dall’inizio in una misura prestabilita ma deve essere liquidata, cioè trasformata in valore monetario.

Spetta al creditore l’onere di dimostrare sia l’esistenza che l’ammontare del danno subito.

Se mancano parametri oggettivi per poter determinare l’ammontare del danno, è compito del giudice procedere ad una valutazione equitativa.

Esistono casi in cui il risarcimento del danno si realizza tramite una liquidazione preventiva e forfettaria, senza bisogno che il creditore debba fornire una prova del danno sofferto.

Tipico esempio è quello delle obbligazioni pecuniarie: gli interessi moratori sono dovuti dal debitore dal giorno della mora e tali interessi spettano al creditore senza bisogno che quest’ultimo dimostri di aver subìto un danno.

Per ottenere un risarcimento ulteriore, comunque, il creditore può dimostrare di aver sofferto un danno maggiore.

Altri casi di liquidazione preventiva e forfettaria del danno si hanno quando le parti, tramite una clausola penale, prefissano l’entità della prestazione dovuta dal debitore nell’eventualità di un suo inadempimento o di un suo ritardo.

 

  1. L’inadempimento può consentire la risoluzione del contratto?

 

Dall’inadempimento può conseguire, oltre al diritto al risarcimento del danno, anche la risoluzione del contratto rimasto inadempiuto.

A tal fine, però, è necessario che la responsabilità del debitore per l’inadempimento sia a lui imputabile a titolo di dolo o colpa.

Una volta che sia stata chiesta la risoluzione del contratto, non può più chiedersi l’adempimento dell’obbligazione.

Nel caso in cui si siano verificate inadempienze reciproche, il giudice di merito deve effettuare un giudizio di comparazione per stabilire quale parte si sia resa responsabile delle inadempienze maggiormente rilevanti.

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