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Risarcimento Danni per Infedeltà Coniugale

Risarcimento danni per infedeltà coniugale

In quali casi l’infedeltà coniugale costituisce motivo di addebito della separazione?

Quando, in sede di separazione, il giudice accerta la violazione di uno dei doveri fondamentali derivanti da matrimonio ex art 151 c.c., può addebitare la separazione stessa ad uno dei due coniugi.

Per addebito della sentenza si intende l’imposizione, al coniuge fedifrago, del mantenimento dell’altro nonché la perdita dei diritti successori sull’ex.

Chiaramente l’addebito non è una diretta conseguenza dell’infedeltà coniugale, bensì è necessario valutare, caso per caso, se l’infedeltà costituisca la vera causa della separazione o se sia intervenuta quando la coppia era già in crisi per motivi diversi.

Se il tradimento non costituisce la causa primaria della crisi matrimoniale, la separazione non può essere addebitata al coniuge infedele.

A tal proposito possiamo richiamare una recente sentenza del Tribunale di Nuoro, la n. 552/2015, con la quale è stata accolta la domanda di addebito formulata dalla moglie nei confronti del marito fedifrago.

In questo caso l’infedeltà del coniuge è stata considerata come una violazione particolarmente grave dei dover coniugali e, in quanto tale, determinante ai fini dell’intollerabilità della prosecuzione della relazione.

Tra gli effetti principali dell’infedeltà, oltre all’addebito della separazione, dobbiamo menzionare anche la condanna ad un cospicuo risarcimento dei danni.

risarcimento danni per infedeltà coniugale

In quali casi dall’infedeltà può derivare il diritto al risarcimento dei danni?

Per stabilire se sussiste o meno un diritto al risarcimento dei danni, è necessario guardare alla condotta posta in essere dal coniuge fedifrago.

La condanna al risarcimento è assicurata nei casi in cui l’infedeltà abbia determinato un’offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge.

Ai fini del risarcimento, cioè, non rileva la sussistenza della mera infedeltà, ma è necessario che la stessa abbia assunto connotati particolarmente offensivi ed oltraggiosi come, ad esempio, il discredito determinato dal fatto che tutti i colleghi fossero a conoscenza del tradimento.

L’infedeltà consumata in maniera plateale è classico esempio di caso in cui si sviluppa il diritto al risarcimento dei danni.

Chi agisce per ottenere il risarcimento è tenuto ad indicare, nel ricorso introduttivo del giudizio di separazione, il pregiudizio sofferto all’immagine.

La domanda di risarcimento può essere proposta all’interno del giudizio promosso per ottenere la separazione con addebito o si tratta di azioni distinte?

Si pone la questione circa la possibilità di domandare il risarcimento del danno nell’ambito dello stesso giudizio promosso per ottenere la sentenza di separazione con addebito.

Nella sentenza n. 8862/2012, i giudici della Cassazione si erano limitati ad affermare la possibilità di coesistenza della pronuncia di addebito con quella di risarcimento del danno.

Alcuni giudici di merito considerano ammissibile la domanda di risarcimento del danno nel giudizio di separazione con richiesta di addebito, adducendo come motivazione il fatto che fra le domande in questione sussiste una connessione qualificata ex art 31 c.p.c.

Nella prassi la domanda risarcitoria tende ad essere formulata sempre di più all’interno del giudizio di separazione con addebito.

Tuttavia, ragioni di ordine processuale finiscono per mettere in discussione la possibilità del simultaneus processus.

In sintesi, dopo un primo orientamento contrario della Corte di Cassazione, di recente la giurisprudenza si è espressa in senso favorevole affermando che, in caso di separazione fra coniugi, la pronuncia di addebito ed il risarcimento del danno possono sicuramente coesistere.

Come deve essere provata l’infedeltà?

La prova dell’adulterio, generalmente, risulta di estrema difficoltà.

Salvo i rari casi in cui il coniuge riesce a disporre di prove piene, quali ad esempio fotografie ritrovate nella casa coniugale, nella stragrande maggioranza dei casi le prove raccolte sono solo indirette.

Esempi tipici sono il ritrovamento di scontrini da cui si evincono spese per vacanze a due o regali di un certo costo.

In base al principio di tipicità delle prove, sono considerate prove documentali le scritture private che potrebbero consistere, ad esempio, in una lettera di ammissione del tradimento firmata dal coniuge infedele.

Non possono essere considerate prove documentali le mail o le stampe di sms e chat, in quanto queste rientrano nell’ambito delle cosiddette riproduzioni meccaniche, le quali si contraddistinguono per il fatto di avere valore di prova solo se non contestate dalla controparte.

Il Tribunale di Milano, con una recente sentenza, ha chiarito che la fotografia ritraente uno dei due coniugi nell’atto del tradimento, se non viene contestata da quest’ultimo, ha efficacia di prova piena, senza bisogno di intraprendere indagini ulteriori.

Per quanto riguarda il rapporto redatto da un eventuale investigatore privato, le dichiarazioni da questo scritte sul report non possono entrare nel processo civile in quanto non previste dalla legge. Si tratta comunque di un ostacolo facilmente aggirabile in quanto l’investigatore può essere chiamato a testimoniare sui fatti cui ha assistito in prima persona.

Sussistono, infine, opinioni discordanti circa il valore probatorio da attribuire a chat, sms ed altre conversazioni acquisite in violazione della privacy, ossia accedendo illegittimamente ai dati del coniuge. Alcuni giudici ritengono che le prove così acquisite non siano utilizzabili nel processo, mentre altri ritengono che l’utilizzo sia sempre possibile, fatte salve comunque le conseguenze personali da far valere in autonomo giudizio.

Il risarcimento dei danni può essere richiesto anche in seguito ad una separazione consensuale?

 

Il coniuge tradito ha diritto al risarcimento anche in caso di separazione consensuale.

A tal proposito è rilevante una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18835 del 15 settembre 2011, la quale ha ribaltato le sentenze emesse nei precedenti due gradi di giudizio.

La vicenda riguardava una signora di Savona, la quale aveva scoperto una relazione extraconiugale del marito.

La stessa aveva optato in un primo momento per una procedura di separazione con addebito e, in un secondo momento, per la procedura di separazione consensuale.

Con separato procedimento, poi, aveva chiesto il risarcimento dei danni per il tradimento platealmente subìto.

Il Tribunale e la Corte d’Appello, aditi rispettivamente in primo e in secondo grado, avevano rigettato la domanda.

I giudici della Cassazione, invece, hanno previsto che il diritto al risarcimento dei danni subiti prescinde dalla procedura di separazione intrapresa.

Il diritto di risarcimento, in sintesi, non può essere precluso nell’ipotesi di separazione consensuale soltanto perché la procedura non comporta l’accertamento delle cause che hanno portato alla crisi coniugale.

L’azione di risarcimento danni per la violazione dei doveri coniugali, pertanto, ha natura autonoma rispetto al procedimento di separazione.

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