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Risarcimento Danni per Tradimento Continuo

Il tradimento continuo può integrare una fattispecie di reato?

Un episodio isolato di tradimento non può certamente costituire fattispecie di reato.

Se, tuttavia, il comportamento è ripetuto e volontariamente posto in essere al solo fine di umiliare il coniuge, accompagnandosi magari anche ad altre tipologie di maltrattamenti morali (quali umiliazioni continue), allora si versa in un’ipotesi di reato di maltrattamenti familiari.

Risarcimento danni per tradimento continuo

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Perché sia integrata tale tipologia di reato, infatti, non sono necessarie sofferenze di tipo fisico bensì sono sufficienti anche quelle morali.

Gli atti a forte connotazione sprezzante, in cui chiaramente un tradimento continuo rientra, realizzano a tutti gli effetti una condotta di maltrattamento familiare, alla stessa stregua di percosse e lesioni fisiche.

Proprio in ragione della rilevanza che assume il fine di umiliare il coniuge, un tradimento occasionale posto in essere in maniera occulta non può integrare la fattispecie di maltrattamenti familiari.

Cosa succede se il coniuge continua a tradire anche dopo la riconciliazione?

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 19193 del 28 settembre 2015, ha respinto il ricorso di un marito condannato al risarcimento dei danni.

Questi, infatti, dopo aver ottenuto la riconciliazione in seguito ad una precedente separazione dalla moglie, aveva poi proseguito indisturbato la relazione clandestina con l’amante.

La moglie, una volta venuta a conoscenza dell’accaduto, aveva avanzato una richiesta di separazione corredata da una richiesta di risarcimento danni per il profondo stato depressivo in cui era caduta a seguito del fatto.

La Cassazione ha confermato le richieste della donna, riconoscendo una forte lesione della dignità della stessa, dovuta anche al fatto che i parenti fossero a conoscenza della relazione extraconiugale.

Si può richiedere addebito della separazione in seguito ad un tradimento tollerato?

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 18488/2015, si è pronunciato riguardo ad un caso di tradimento tollerato, ossia una situazione in cui il marito continuava a vivere con la moglie pur essendo ben consapevole del continuo tradimento posto in essere da questa.

Il Tribunale, trovatosi a decidere circa l’addebito della separazione, ha stabilito che non può esservi addebito della separazione se il coniuge, pur essendo al corrente del tradimento, continua a vivere con l’altro e a tollerare la condizione.

Nel caso di specie il marito aveva continuato ad abitare insieme alla moglie nonostante questa gli avesse confessato, già da tre anni, di avere una relazione extraconiugale.

Mancava, quindi, un nesso di causalità diretto fra tradimento e richiesta di separazione, nesso che deve necessariamente sussistere per poter ottenere l’addebito.

Quali presupposti devono sussistere affinché il tradimento comporti, oltre all’addebito della separazione, anche un dovere di risarcimento danni?

La prima conseguenza diretta che discende dall’adulterio è, a meno che non si rientri nelle ipotesi precedentemente viste di tradimento tollerato, la dichiarazione di addebito della separazione.

Condizione essenziale della dichiarazione di addebito è che l’infedeltà sia stata l’effettiva causa della separazione.

Perché si abbia addebito della separazione, infatti, non è sufficiente una mera presa d’atto dell’avvenuto tradimento ma è necessario che la crisi coniugale sia stata effettivamente determinata dal tradimento stesso.

Se il tradimento non costituisce causa scatenante della crisi matrimoniale, cioè, la separazione non è addebitabile.

La dichiarazione di addebito comporta, in capo al coniuge colpevole, il dovere di mantenere l’ex nonché la perdita dei diritti successori sullo stesso.

La violazione degli obblighi coniugali, oltre a determinare un addebito della separazione, può addirittura integrare una vera e propria ipotesi di illecito civile, dando luogo al diritto ad ottenere il risarcimento dei danni.

La pronuncia di addebito della separazione e la mera violazione degli obblighi coniugali, tuttavia, non sono da soli sufficienti ad integrare una responsabilità risarcitoria.

E’ necessario, quindi, un altro elemento fondamentale: deve dimostrarsi che l’infedeltà, per le modalità attraverso cui si è realizzata, ha dato luogo a lesione della salute del coniuge o, comunque, a lesione della dignità della persona.

La tutela della dignità assume connotati particolari in ragione della diffusione dei social network.

A tal proposito dobbiamo menzionare la sentenza n. 2643 del 24 ottobre 2015 del Tribunale di Torre Annunziata, con cui è stata condannata a risarcire cinquemila euro di danni al marito una donna che aveva reso pubblica su facebook la propria relazione con l’amante.

La condotta con cui si ostenta un tradimento in una piazza virtuale come un social network, secondo i giudici, lede gravemente la dignità dell’altro coniuge.

Nel caso di specie non si è avuta soltanto una mera violazione del dovere di fedeltà, la quale può benissimo concludersi con l’addebito della separazione, bensì anche una connotazione pubblica della relazione adulterina idonea a ledere la dignità e la reputazione del coniuge.

E’ possibile richiedere il risarcimento danni anche all’amante?

Gli interpreti si sono interrogati a lungo circa la possibilità che il terzo possa essere chiamato a rispondere, insieme al coniuge traditore, per i danni causati alla vittima del tradimento.

Taluni hanno ipotizzato l’applicabilità dell’istituto del concorso di colpa del creditore nel fatto illecito del debitore ma si tratta evidentemente di una forzatura che non può trovare seguito in giurisprudenza.

I giudici sono piuttosto concordi nel ritenere che, a carico dell’amante, non sussista alcun dovere di astensione, in ottemperanza al diritto alla libera espressione della propria personalità.

Tale diritto permane e deve essere garantito anche se le relazioni sono intrattenute con un soggetto sposato.

Per l’amante non sussiste, in pratica, alcun dovere di astensione da interferenze nella vita familiare dei coniugi.

L’unica ipotesi in cui l’amante potrà essere coinvolto nella richiesta di risarcimento danni, in conclusione, è quella in cui egli stesso si renda responsabile di un reato, quale la diffamazione, nei confronti del coniuge tradito.

E’ possibile ottenere il risarcimento dei danni se manca l’addebito della separazione?

La richiesta di risarcimento danni per violazione dei doveri coniugali non può essere accolta se manca una pronuncia di addebito della separazione.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 25 giugno 2015, ha precisato che l’addebito costituisce il presupposto della richiesta risarcitoria ed ha rigettato il ricorso presentato da un uomo per ottenere il risarcimento danni da parte dell’ex moglie fedifraga.

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